Atari, E.T., Alamogordo, Microsoft e i problemi legati alla ricerca storica...

di Andrea Pachetti

fonte

Questa volta mi trovo di fronte a un compito improbo, nel senso che contrastare la macchina mediatica orchestrata da Microsoft, mossa in seguito agli scavi avvenuti ad Alamogordo in Texas, appare davvero un'impresa impossibile.

La ritengo impossibile perché, al fine di opporsi alle semplificazioni che vengono propugnate come verità assolute in dieci righe, servirebbero numerose pagine di analisi sulle fonti storiche; pagine che non verrebbero praticamente lette da nessuno, perpetuando così il propagarsi delle approssimazioni.

La storia dei videogiochi è una scienza ancora molto giovane, che si confonde troppo spesso col "sentito dire" e col folklore: non ci sarebbe niente di male in tutto questo, se appunto le dicerie e i fraintendimenti fossero mantenuti su un piano diverso e non andassero a intaccare delle verità acquisite tramite fonti primarie.

Mi occuperò dunque brevemente di far notare le incongruenze che si sono lette in questi ultimi giorni: nella prima parte descriverò il periodo storico a cui appartiene la vicenda in questione, nella seconda segnalerò come l'episodio è stato commentato da alcuni testi di riferimento. Come al solito, nella parte finale, saranno citate tutte le fonti cui ho attinto per la compilazione di questo documento.

1. Atari, E.T. e il "crash" del 1983

Quando si parla della crisi nel mercato dei videogiochi avvenuta negli Stati Uniti durante il 1983 ("Video Game Crash of 1983", secondo la definizione originale), gli analisti non concordano su quale fu l'insieme delle motivazioni che portarono all'implosione di tale mercato, sebbene sia possibile osservare il proliferare di software house che producevano videogiochi di scarsa qualità per l'Atari VCS, cartucce che andarono a saturare i negozi caricandoli di invenduto e portando a un progressivo abbassamento dei prezzi, che trascinò poi anche i grandi produttori.

Il 1983 fu anche l'anno di svolta per quanto riguarda il confronto tra home computer e console in àmbito videogame, con il decisivo affermarsi dei primi sulle seconde. Il 1983 è l'anno di consolidamento sul mercato del Commodore 64 (uscito nell'estate del 1982) e della chiusura delle divisioni elettroniche di Mattel e Coleco, che con l'Intellivision e il Colecovision furono i principali competitor di Atari negli anni precedenti.

In questo clima generale Atari aveva certamente un ruolo di punta, vista la sua posizione dominante. Passata da parecchio la gestione di Bushnell, l'Atari del tempo era controllata da Time Warner e aveva Ray Kassar come CEO. Alla figura di Kassar sono legati i due principali "fallimenti" di Atari, cioè la conversione di Pac-Man e il tie-in relativo a E.T., il film di Steven Spielberg, entrambi per la console VCS. Che queste produzioni siano state delle icone della parabola discendente di Atari è innegabile: stabilire che sia stato un singolo gioco a far crollare un mercato suona però quantomeno semplicistico.

Suona improprio anche parlare di un fallimento vero e proprio, dato che Pac-Man ed E.T. risultano essere tra le cartucce più vendute per VCS in assoluto: si può parlare di fallimento solo in quanto a previsioni di vendita, nel senso che il numero di cartucce prodotte fu di gran lunga superiore alle più rosee aspettative di Atari. Proprio a proposito di E.T. Ray Kassar, in un'intervista apparsa su Gamasutra, vuole limitare le sue colpe affermando che:

«Be', ne abbiamo prodotte 5 milioni di copie, circa 5 milioni di copie di E.T. La maggior parte di esse ci sono tornate indietro. Avevo detto a Steve [Steven Jay Ross, allora CEO di Time Warner] che era ridicolo realizzarne così tante dato che non ritenevo sarebbe stato un best seller, ma ricordo che si irritò molto e mi disse: "No, no, è proprio quello che dobbiamo fare"»

L'unione tra l'abitudine di Atari a interrare le produzioni in eccesso e il clamore suscitato dall'insoddisfazione dei giocatori nei confronti di E.T. ha fatto poi nascere la leggenda urbana dei milioni di cartucce del piccolo extraterrestre seppellite ad Alamogordo, in New Mexico. Questa abitudine non era comunque un'esclusiva di Atari: si veda per esempio questo articolo, relativo alla dismissione del surplus di 2.700 Apple Lisa, avvenuta nel 1989.

2. La nascita di un falso storico

È bene ribadirlo nuovamente: la leggenda urbana è una questione numerica, e si basa sul seppellimento di milioni di cartucce di E.T. in una singola discarica. Che Atari avesse portato diversi camion di materiali ad Alamogordo è un fatto assodato da molti anni, confermato sia dai giornali dell'epoca che dalle ricerche successive. È stata l'approssimazione di molti cosiddetti storici dell'informatica, affiancata dalle chiacchiere da forum di internet a confondere e unire le due questioni.

Ciò che si può perdonare a una "discussione" da bar forse non deve essere scusato se invece si scrive un libro, sperando che almeno in questo caso vi sia una corretta analisi delle fonti primarie; ecco come una serie di studiosi hanno affrontato l'argomento nel corso degli anni, traduzioni mie dall'inglese.

Steven L. Kent, nel suo The ultimate history of video games, parla in questi termini:

«Atari rimase con enormi inventari di cartucce senza valore. Senza alcuna speranza di venderle, Atari ha interrato milioni di cartucce in una discarica nel deserto del New Mexico.»

Così Tristan Donovan, nel suo Replay: the history of video games:

«Nel settembre del 1983 le giacenze di E.T., assieme a montagne di cartucce, console, computer e accessori Atari invenduti oppure difettosi furono caricati su più di 20 camion dalla fabbrica di El Paso, in Texas. Da lì si diressero verso Alamogordo (...)»

Così Roberto Dillon, in The Golden Age of video games:

«Il gioco [E.T.] vendette circa un milione e mezzo di esemplari, lasciando un enorme inventario di cartucce invendute che vennero seppellite in una discarica nel deserto del New Mexico e più tardi distrutte.»

Jamie Russell, in Generation XBox: How video games invaded Hollywood:

«Giovedì 22 settembre 1983 una carovana di camion si mosse verso un'anonima fabbrica di El Paso. Si spostarono lentamente lungo le strade in una singola colonna, coi motori rombanti mentre imboccavano la Route 54, per dirigersi verso nord. Il loro carico? Milioni di cartucce per Atari VCS incluso E.T., il gioco più pubblicizzato nella storia della società. La loro destinazione? Una discarica di Alamogordo, in New Mexico.»

Chaplin e Ruby, in Smartbomb: The quest for art, entertainment, and big bucks in the videogame revolution:

«Nel dicembre del 1982 Atari rilasciò un gioco basato sul film E.T. di Spielberg: era così brutto che Al Alcorn, che aveva già abbandonato Atari, quando lo vide voleva piangere. Cinque milioni di copie di E.T. rimasero a prendere polvere in un magazzino Atari fino a che non furono buttate in una discarica.»

Montfort e Bogost, in Racing the Beam: the Atari Video Computer System:

«Una leggenda narra di cumuli di cartucce invendute di E.T., interrati da Atari nel deserto del New Mexico. La leggenda probabilmente è anche vera. Sebbene E.T. non sia nominato nello specifico, il New York Times riferisce che quattordici camion di materiale, incluse cartucce gioco, sono stati seppelliti in una discarica di Alamogordo e poi coperti di cemento, mentre dei sorveglianti tenevano lontani dal luogo i reporter e gli altri spettatori.»

Harold Goldberg, in All your base are belong to us: How fifty years of videogames conquered pop culture:

«(...)e così, senza tanti complimenti, milioni di cartucce di E.T. sono state gettate, schiacciate e seppellite ad Alamogordo. Polvere di plastica erano e polvere di plastica (e sabbia del deserto) sono ritornate.»

In questi esempi si può notare (a vari livelli) l'approssimazione di fondo di cui parlavo in precedenza, che è stata definitivamente superata solo in occasione della ricerca svolta da Marty Goldberg e Curt Vendel per il loro libro Atari Inc: Business is fun, testo al quale rimando per una trattazione approfondita in materia e nel quale mostrano, mediante l'analisi delle fonti scritte e interviste al personale dell'epoca, che ciò che è stato interrato ad Alamogordo proveniva dalla fabbrica di El Paso.

Si trattava di un insieme misto di hardware e software su cartuccia, dismissioni programmate nell'ambito della riconversione della fabbrica stessa, dato che la produzione di cartucce si stava spostando in estremo Oriente. Qui, per esempio, un'intervista audio a Curt Vendel in cui la questione viene approfondita ulteriormente.

Da Softline Vol. 3 No. 2, November-December 1983, p. 50, fonte

Conclusione: La "non-notizia" di oggi

Quella che oggi viene data, sia dalla stampa generalista che da quella di settore, appare dunque come una "non-notizia", nel senso che il ritrovamento di cartucce interrate (di vario tipo, di produzione Atari, tra le quali certamente numerosi esemplari di E.T.) è semplicemente un'ulteriore conferma sperimentale a quanto affermato negli studi più recenti e, secondo i fatti mostratinega la leggenda urbana. La confermerebbe soltanto in caso venissero trovati milioni di esemplari della cartuccia, cosa che allo stadio attuale non risulta in alcun modo verificata.

La questione riguarda l'entità numerica del ritrovamento e la presenza esclusiva di cartucce E.T., non l'essenza e la veridicità del ritrovamento stesso, che nessuno invece dovrebbe mettere in dubbio. È troppo semplice usare un tono sensazionalistico per dimostrare una tesi negandone di fatto l'ipotesi: mi auguro quindi che l'esposizione sia stata utile per iniziare ad approfondire la questione e che, nel tempo, il falso storico creato in questi giorni a fini di marketing non rimanga l'unica verità sull'argomento.


Fonti:

  • «Atari parts are dumped.» The New York Times, 28 settembre 1983 <link>
  • Chaplin, Heather e Ruby, Aaron. «Smartbomb: The quest for art, entertainment, and big bucks in the videogame revolution.» Algonquin Books, 2005
  • Cohen, Scott. Zap! «The rise and fall of Atari.» McGraw-Hill, 1984
  • Dillon, Roberto. «The golden age of video games.» CRC Press, 2011
  • Goldberg, Harold. «All your base are belong to us: How fifty years of videogames conquered pop culture.» Three Rivers Press, 2011
  • Goldberg, Marty e Vendel, Curt. «Atari Inc: Business is Fun.» Syzygy Press, 2012
  • Herman, Leonard. «Phoenix: The fall and rise of videogames.» Rolenta Press, 2001 (3rd ed.)
  • Kent, Steven L. «The ultimate history of video games.» Three Rivers Press, 2001
  • Montfort, Nick e Bogost, Ian. «Racing the Beam: The Atari Video Computer System.» MIT Press, 2009
  • Russell, Jamie. «Generation XBox: How videogames invaded Hollywood.» Yellow Ant, 2012

Commenti

  1. Io penso che questa sia l'analisi più accurata che abbia mai letto su internet. Complimenti Andrea.

    RispondiElimina
  2. Bell'articolo, molto interessante e molto accurato.
    Quindi devo rassegnarmi a non resuscitare mai Aeris? :(

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Frankie, e scusami ma non colgo il riferimento ad Aeris. Immagino si tratti di qualche videogioco che non conosco.

      Elimina
  3. Grazie
    Un chiarimento era quasi d'obbligo e necessario visto il boom creato da questa smoke-news (notizia fumosa) .
    Sei stato molto chiaro, ho paura però che questa faccenda non fermi il suo tam-tam ...finanziato da Microsoft questa spedizione ha creato un business stile domino.
    Ma guarda te cosa non riescono ad inventarsi per restare sempre sulla cresta dell'onda mediatica. :-)
    Comunque:
    Bravo Andrea .

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dici bene, Maurizio. Questa campagna di marketing basata su una non-notizia è stata orchestrata in modo davvero brillante, dato che si basa su un fatto di cui si parla da anni e che può incuriosire anche il pubblico generalista. Di sicuro in futuro (a parte il documentario stesso) sentiremo ancora parlare di Alamogordo e del materiale che la sua discarica conteneva, che sarà esposto, venduto a prezzi folli e chissà che altro. In questa sede certo continueremo a occuparci solo delle verità storiche e non dei battage pubblicitari. Grazie della lettura e dei complimenti.

      Elimina
  4. magair le hanno messe loro adesso per fare fare un video fake

    RispondiElimina
  5. Ottima analisi. L'unico pero' a parlare esplicitamente di "milioni" di cartucce e' Kent. Il commento di Donovan e' sostanzialmente corretto mentre io potevo certamente essere piu' preciso ed accennare esplicitamente anche all'altro materiale. Il riferimento ad Alamogordo e' nella sezione in cui discuto il fallimento commerciale dell'extraterrestre e questo mi ha fatto sfortunatamente "glissare" sugli altri compagni di sventura di ET nell'ultimo viaggio non verso casa ma verso la discarica. Mea culpa.
    Il totale delle cartucce effetivamente seppellite ad Alamogordo (non solo ET ma anche diversi altri giochi) fu intorno alle 700,000 unita', non poche comunque.
    Riguardo al "distrutte" mi riferivo alla successiva colata di cemento che Atari ordino' per rendere il materiale inaccessibile ad "archeologi improvvisati" che gia' si stavano interessando al posto.
    Il materiale sotto il cemento non mi risulta sia stato recuperato nel corso della spedizione dell'altro giorno. Lasciamolo riposare in pace ;)

    Ciao!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie della visita, Roberto, e delle preziose precisazioni. Come tu dici, porre esclusivamente l'attenzione sulle rimanenze di E.T. senza considerare i suoi "compagni di sventura" ha avuto un ruolo nel far nascere (o quantomeno confermare) la leggenda urbana dei "milioni di cartucce" seppelliti ad Alamogordo. Dovremo utilizzare i risultati di questi scavi appunto per negare tale leggenda, dato che a quanto leggo già adesso i giochi ritrovati sono più di trenta. Spero converrai con me sul fatto che la stampa, in questi giorni, abbia invece avuto un atteggiamento piuttosto superficiale, lasciandosi andare a "sparate" che hanno ben poco di razionale e veritiero. Tra le più assurde, qualcuno ha addirittura affermato che Atari le avrebbe seppellite "per vergogna".

      Elimina
    2. Fai benissimo anche a citare la cifra realistica dell'interramento. Segnalo per i lettori (e a memoria futura) che la cifra comunicata è di 728.000, affermata da James Heller in una dichiarazione di questi giorni. Diggers Find Atari's E.T. Games In Landfill Sarà interessante vedere quale percentuale di queste cartucce sarà recuperabile e in quali condizioni, dato che come dici tu una percentuale di esse giace sotto il cemento.

      Elimina
    3. Ho aggiunto, nel frattempo, altre citazioni da testi relativi alla storia dei videogiochi, che spero possano essere utili per proseguire la discussione.

      Elimina
  6. >>
    Spero converrai con me sul fatto che la stampa, in questi giorni, abbia invece avuto un atteggiamento piuttosto superficiale, lasciandosi andare a "sparate" che hanno ben poco di razionale e veritiero.
    <<

    Senz'altro.

    Per completezza, aggiungo un altro reference alla tua lista. In "All your Base are Belong to Us" di Harold Goldberg, pag.42 si legge: "... so millions of E.T. game cartridges were unceremoniously dumped, crushed and buried in Alamogordo."

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Roberto, non possiedo questo libro ed è un'aggiunta utilissima.

      Elimina
  7. Risposte
    1. Grazie per i complimenti, Simone. È per me un piacere che questo articolo continui a essere letto anche dopo che la notizia pubblicitaria si è sgonfiata. Senz'altro sarà necessario ribadire questi concetti una volta che il documentario sarà finito e pubblicato. Per adesso si può far altro che notare come, dopo aver visto qualche foto sensazionalistica di cartucce e confezioni, non si sa niente dell'effettivo ammontare dei ritrovamenti e delle altre informazioni che sarebbero davvero utili.

      Elimina

Posta un commento