Giochi elettronici: nuovi orizzonti dello schermo tv (1979)

L'articolo qui presentato fa parte dell'Archivio Storico di Quattro Bit ed è tratto dalla rivista Selezione Radio n. 2 (febbraio 1979) pp. 22-24, 26 (inserto), fonte: Introni

[Sfogliando manualmente i molti pdf offerti dal sito Introni, alla ricerca di articoli utili alla storia del videogioco, mi sono imbattuto in questo pezzo che precede di qualche mese il "Previsioni sullo sviluppo dei giochi televisivi" che avevo presentato solo poco tempo fa come "uno dei più antichi". Proposto ancora una volta da Selezione Radio nell'inserto Consumer Electronics Italia, offre una panoramica sull'evoluzione delle console casalinghe utilizzando una divisione in "generazioni" piuttosto arbitraria ma interessante, oltre a una breve disamina sui giochi elettronici senza televisore. Da notare in particolare la descrizione del Saba Videoplay e la totale assenza di riferimenti all'Atari VCS, che verrà importato nel nostro Paese solo nell'autunno del 1980.]

Giochi elettronici: nuovi orizzonti dello schermo tv



È il protagonista di nuove speranze tecnologiche per tutti i comuni mortali. Il suo nome familiare è "chip", quello accademico microprocessore. È un quadratino di silicio di circa mezzo centimetro di lato che può contenere oltre 7000 transistori ed eseguire più di centomila funzioni logiche al secondo. Stupefacente è anche l'aspetto economico: il suo prezzo si riduce del 30% ogni volta che raddoppia la produzione, contraddicendo l'inesorabile legge della inflazione che domina la nostra società. Tutto ciò basta a predire al miracoloso componente elettronico un avvenire molto brillante e giustifica le ipotesi fantascientifiche che si sentono fare sempre più di frequente, soprattutto nell'ambito delle applicazioni domestiche.

Si è già assistito alla trasformazione elettronico (sic!) da apparecchio estremamente complesso e riservato ad un numero ristretto di utenti, in accessorio domestico alla portata di tutti, sia per quanto riguarda il prezzo, sia per la facilità di funzionamento.

Anche il televisore andrà incontro ad un progressivo arricchimento delle sue prestazioni, grazie alla presenza di "chip" che consentono di elaborare diversi tipi di messaggi e di visualizzarli sullo schermo in bianco e nero o a colori, utilizzando tecniche già sperimentate nel campo professionale con i terminali video. Siamo dunque all'inizio di una nuova epoca per l'utente televisivo. Lo schermo è destinato ad assumere una sempre maggiore importanza nella nostra vita, non solo come ricevitore passivo di programmi, ma come terminale creativo, educativo, professionale, ricreativo.

I servizi che si prevedono nel futuro comprendono la possibilità di interrogare direttamente computer remoti, archivi di dati, sorgenti di informazioni dislocati nei punti più svariati della terra. Lo schermo ci potrà fornire a richiesta notizie personalizzate dell'ultima ora, ricette di cucina; sarà in grado di trasformarsi in una inesauribile enciclopedia per dare risposta a qualsiasi nostro quesito culturale o scientifico; ci consentirà di dialogare in qualsiasi ora del giorno e della notte col nostro conto corrente bancario, con enti pubblici e privati.

A questo punto pensiamo che solo la fantasia umana possa costituire un limite alle sue vastissime risorse. Ora sorge naturale la domanda sui tempi di attuazione, ossia quando tutto ciò sarà realmente a nostra disposizione. Data la vastità della materia fare un pronostico esatto è un po' difficile. Un dato concreto però riguarda l'ambito ricreativo: i videogiochi appartengono già al presente e con una spesa ragionevole possono, da subito, entrare nelle nostre case.

(i colori della vignetta sono stati invertiti rispetto alla pubblicazione cartacea, poiché risultavano praticamente invisibili se presentati in giallo su bianco)

Cinque generazioni di videogiochi


Un'idea embrionale del videogioco molti nostri lettori potranno già averla, dopo aver visto nei vari locali di divertimento, accanto a flipper e biliardini, certe macchine con uno schermo televisivo, su cui è possibile simulare tramite "segni" luminosi una partita di ping-pong o di calcio, accompagnata naturalmente da un audio fatto di "bip-bip" da marziani.

Le più importanti aziende elettroniche del mondo da qualche anno si stanno impegnando per trasferire tutto ciò dal locale pubblico alla intimità della nostra casa, sullo schermo del nostro televisore. Come succede nei fatti della tecnologia - soprattutto quella elettronica - il progresso, anche in un periodo così breve, è scandito da "generazioni". Ogni volta che si scopre un nuovo dispositivo che supera (manda in obsolescenza) quello sino allora in carica, si parla di una nuova generazione. E nei videogiochi, senza accorgerci, siamo già arrivati alla quinta. Facciamone una breve cronistoria.

Alla prima generazione appartengono i giochi non programmabili che impiegano diversi circuiti integrati a media scala di integrazione. Chiariamo subito questo concetto un po' critico. Affermando che non sono programmabili intendiamo dire che sono costruiti in modo da svolgere determinate funzioni elementari di tipo meccanico le cui regole sono prefissate in sede di progetto (ad esempio: una palla lanciata contro un ostacolo rimbalza secondo un angolo prefissato). Quanto al circuito siamo su tecnologie un po' primitive che, anziché ricorrere ad un'unica microscopica "chip" omnicomprensiva, impiegano ancora una pluralità di circuiti integrati dotati individualmente di limitate capacità operative. Sono videogiochi della prima generazione i vari ping-pong e le battaglie aeree che vediamo appunto nei locali pubblici; per l'ambito domestico si è fatto qualcosa negli Stati Uniti ed in alcuni paesi europei, mentre da noi hanno avuto diffusione molto limitata.

E veniamo allora alla seconda generazione, questa tipicamente domestica: i giochi sono ancora non programmabili però impiegano un unico circuito integrato a larga scala di integrazione, una "chip" progettata apposta per la funzione "ludica" e che da sola provvede a tutto. Un tipico esempio è il sistema commercializzato dalla Grundig e previsto esclusivamente per i suoi televisori e quindi incompatibile con ogni altro modello. Tutti i televisori "Super Color" della casa tedesca hanno infatti sul lato destro un apposito vano dove è possibile inserire una cassetta, da cui si dipartono due cavi con all'estremità i comandi per i due contendenti. La Cassetta (l'unica sinora disponibile) contiene sei giochi: pilota, squash, tennis, calcio, "battuta di caccia", tiro al piattello. Si fa uso del colore ed i giochi possono essere regolati in velocità e difficoltà.

Dalla terza generazione in avanti l'elemento distintivo non è più il circuito - ormai si parla solo di "chip" a larga scala di integrazione - ma la programmazione. Alla terza generazione appartengono i giochi programmati: il costruttore non progetta il circuito, ma il programma di calcolo o "software", cioè l'insieme delle regole che dovranno essere seguite dalla macchina. Tanto per intenderci, nella prima e seconda generazione i giochi erano progettati a livello di "hardware", cioè il costruttore decideva la funzione e di conseguenza realizzava il circuito. Sui giochi programmati non abbiamo una vasta casistica, possiamo però citare una "dama" ed un gioco degli scacchi costruiti negli U.S.A. e da noi poco noti. Il livello di "intelligenza" della macchina è già notevole, ma il gioco è uno e uno solo, fissato una volta per tutte dal costruttore.


Passiamo ora alla quarta generazione, senz'altro la più interessante ed attuale, dove finalmente compaiono i giochi programmabili. Il principio di base è sempre quello della terza generazione: un programma "scritto" su una memoria di sola lettura (ROM) che dovrà essere "letto" ed eseguito dalla macchina. La differenza sta nel fatto che la memoria può essere sostituita ed il microprocessore può allora eseguire un altro programma, cioè un altro gioco e così via.

Questa è la strada seguita dalla Fairchild coi suoi giochi televisivi a cassetta. È un'azienda molto nota, un colosso dell'elettronica e delle tecnologie più avanzate, che ha dato notevoli contributi anche alla ricerca spaziale. La Fairchild produce il prodotto finito e lo distribuisce direttamente negli Stati Uniti. Per quanto riguarda gli altri paesi del mondo fornisce la piastra principale, il portacassete e le cassette a ditte licenziatrici che aggiungono il mobile ed alcuni particolari. Fra queste aziende licenziatarie del brevetto Fairchild vi è la SABA della Germania Federale - molto nota per i suoi televisori e per le apparecchiature Hi-Fi - che ha messo a nostra disposizione tutto quanto occorre per farci giocare a raccontare poi le impressioni ai nostri lettori.

Il Videoplay Saba è dunque un apparecchio che può essere applicato a qualsiasi televisore sia esso in bianco e nero o a colori. I giochi sono a colori e naturalmente perderanno questa loro prerogativa con un televisore in bianco e nero. L'apparecchio è programmato con due giochi di base (tennis e calcio), ma le possibilità vengono estese inserendo le cassette, ognuna delle quali contiene da uno a quattro giochi. Quando più i giochi sono complessi, tanto meno la cassetta ne può contenere. Ai limiti vi sono cioè cassette con quattro giochi semplici e cassette con un solo gioco complicato.

Prima di descrivere più in dettaglio il Videoplay della SABA vorremmo fare un breve accenno ai giochi della quinta generazione. Addirittura parlare di giochi è quasi improprio: si tratta di veri e propri calcolatori da tavolo con display video a colori, tastiera completa e memoria a dischi flessibili.

In questi "personal computer" o "home computer" il gioco è solo una delle molteplici opportunità offerte. Nelle memorie sono contenuti programmi che vanno dalla tenuta dei libri contabili alle ricette di cucina o, per quanto ci riguarda, dagli scacchi al black (sic!). In questo campo sono naturalmente ancora gli americani a indicare la strada ed al momento gli apparati di tal fatti disponibili (a prezzi elevatissimi) sono il Bally Arcade ed il Compucolor. Sul piano del gioco danno praticamente quello che può dare il Videoplay della SABA; certamente per quanto riguarda gli altri impieghi abbiamo davvero un'anticipazione di quella visione avveniristica cui abbiamo accennato all'inizio.

I videogiochi senza televisore


L'enorme successo ottenuto dai videogiochi negli ultimissimi anni ed il loro continuo proliferare (la Grundig ha annunciato un programma d'un videogioco al mese) ha portato molto spesso in alcune famiglie a snaturare quella che è la funzione del televisore come mezzo di ricezione di notizie e trasformarlo in un "campo da giochi" dove capita anche di vedere giocatori in attesa del loro turno, proprio come nei campi da gioco veri. A volte, il secondo televisore è nato anche da questa esigenza, anche se, con i programmi che si preannunciano, è destinato anche lui a saturarsi nel giro di poco tempo.

È chiaro che se i "campi da gioco" sono insufficienti, anche il numero dei giocatori diminuisce ed il mercato dei videogiochi dovrà subire una battuta di arresto. D'altra parte, comprare un televisore vero, solo per adibirlo ai giochi è antieconomico ed il mercato si restringe a causa della forte spesa iniziale.

Contro questa prospettiva, i costruttori di videogiochi sono corsi ai ripari, programmando tutta una serie di giochi elettronici che non hanno bisogno del televisore come supporto. Il mercato di tali giochi, alimentati quasi sempre da batterie, può essere immenso. Attualmente, negli Stati Uniti il prezzo si aggira attorno ai 40$, ma si spera di scendere presto intorno ai 20$. Per quanto riguarda il tipo di giochi da commercializzare, la Parker Bros e la Milton Bradley pensano di lanciare giochi in cui la strategia è importante.

La Parker ha lanciato un gioco in cui si dà la caccia ad un sottomarino che si muove guidato da un microcomputer. Il giocatore imposta la sua strategia da un centro di controllo e su un visore a diodi luminosi appaiono la velocità e la direzione della nave. La Milton Bradley ha progettato una vera e propria "battaglia navale" in cui due giocatori tentano di affondare la flotta avversaria mediante lancio di missili. Il microcomputer tiene conto delle direzioni di lancio dei missili, cosa essi colpiscono, riproducendo anche il suono di movimento e quello dell'eventuale esplosione se l'obiettivo viene colpito.



Per dare un'idea della diffusione di tali giochi, basta dire che Ed Hermett della divisione Mos della Texas Instruments, il principale fornitore delle due ditte accennate, ha dichiarato: «Quest'anno, diversi milioni di dollari di elettronica sono andati nei giochi, ma l'anno prossimo la cifra sarà almeno triplicata. È una crescita fantastica e inarrestabile».

La Mattel, molto nota anche in Italia, con l'aiuto della Rockwell ha messo in commercio un "gioco del calcio" elettronico dalle dimensioni di un calcolatore tascabile. Il giocatore avanza "la palla" da sinistra a destra su uno schermo di 7 cm di larghezza per 3,5 di altezza. Si deve manovrare la palla intorno a barre di placcaggio. Una manopola fa avanzare la palla in senso orizzontale e le altre due la muovono su e giù. Dopo ogni gioco, un tabellone visualizza i dati principali del gioco.

Sullo stesso principio vi sono anche altri due giochi: "corsa automobilistica" e "attacco missilistico". Nel primo il giocatore guida le sue auto intorno a degli ostacoli, nel secondo deve neutralizzare missili provenienti da potenze avversarie. Sono dotati anche di elementi piezoelettrici per riprodurre la parte sonora del gioco.

Una cosa importante da tener presente in questo tipo di gioco è che, poiché il microprocessore di controllo ricorda tutto, il giocatore non può barare! A quando un gioco di carte napoletane, per esempio il famoso tresette di tipo elettronico? Che fine faranno le regole auree di Chitarrella?

Commenti