"Natale, il futuro è in vetrina" (L'Unità, 24 dicembre 1982)

di Andrea Pachetti

Questo articolo deve essere considerato il gemello di "La Befana a cavallo di un computer", pubblicato anch'esso di recente. Si tratta infatti di una nuova descrizione del periodo natalizio e i regali tecnologici da acquistare, ma facendo un ulteriore passo all'indietro: stavolta ci troviamo nel 1982, invece che nell'83.

Confrontando i due testi, apparentemente così vicini in senso temporale, la prima cosa che salta all'occhio è il diverso rapporto di forza tra console e home computer: nel 1982 siamo nel pieno boom del videogioco su console (l'Intellivision è uscito da pochi mesi), dunque il computer viene ancora considerato solo un "ambito oggetto futuribile".

Come da nostra prassi, estrapoliamo e commentiamo alcuni dei passi più significativi relativi alla storia del videogioco, isolandoli rispetto alla trattazione che riguarda le altre tecnologie descritte (scacchi elettronici, giradischi, telefoni, videoregistratori), brani che comunque possono essere letti nell'immagine presente in calce alla pagina.

Che l'elettronica sia una nuova mania degli italiani? Nel 1981 il mercato dei videogiochi, per esempio, ha avuto un giro d'affari di 45 miliardi di lire. La ditta che controlla il 60 per cento del mercato prevede per quest'anno il raddoppio, verificherà la previsione dopo dicembre perché è a Natale che gli acquisti si concentrano.

La ditta citata è con tutta probabilità la Melchioni, che distribuiva Atari in Italia sin dal 1980. Il dato del 60% è compatibile con il 50% di giugno 1982 citato dal periodico Billboard.

Si collegano al televisore di casa e sono divisi in due grandi famiglie, ci spiegano nel negozio, giochi tascabili e giochi da tavolo. Questi ultimi sono una vera meraviglia: c'è una consolle che contiene il microcomputer e tante cassette con i diversi programmi corrispondenti a tanti giochi. Basta premere un tasto e sullo schermo compare un mondo di figure in movimento splendido, sonoro e coloratissimo. "Tank attack", "Formula racer" alcuni dei nomi bellicosi. E i tascabili? "All'arrembaggio", "Grande fuga" o "Banana sbang" che sia, tutti hanno due livelli di difficoltà, da due a quattro pulsanti, entrano tranquillamente in borsa o nel taschino, il nome è un programma, "Scacciapensieri".

Resta da verificare l'identità dei citati Tank attack e Formula racer: Tank Attack era ad esempio un titolo del Creativision, ma questo non dovrebbe essere compatibile con la data d'uscita dell'articolo. Nessun problema invece per i tre Schiacciapensieri (e non Scacciapensieri) della Polistil, versione italiana della serie Time & Fun della taiwanese Vtech.

«Non sono pericolosi per i ragazzi, al contrario» dice l'esperto commesso. «Non sono come la televisione, che stai lì e la subisci. Con il videogioco usi le mani e il cervello, la macchina è intelligente, ti risponde e ti stimola. E poi c'è il fascino del futuro, del progresso tecnico. In ognuno di questi attrezzi c'è un piccolo aggeggino nero che ricorda tutto, conosce tutto.»

Il carattere inedito e piacevole di questo articolo sta soprattutto nei commenti del commesso del negozio specializzato, che in un certo senso "fa respirare" l'aria di quell'epoca e ne offre uno spaccato quantomeno realistico e verosimile.

(...) Poco più avanti occhiegga il gioco-sveglia, il "Donkey Kong". Funziona come normale orologio completo di suoneria ma ci si gioca: bisogna evitare i barili che King Kong lancia per fermare il salvatore della "bella". Prosegue il commesso loquacissimo: «È che noi italiani stiamo scoprendo ora il calcolatore, ma gli americani e i giapponesi ci studiano pure. Si possono fare migliaia di cose, mica solo i giochi. L'essenziale è il cervellone.»

Qui si parla invece del famoso Game & Watch Nintendo della serie "multiscreen". Si noti in particolare la confusione con il personaggio letterario e cinematografico di King Kong. Questa indubbia derivazione portò, tra l'altro, alla causa legale tra Nintendo e Universal, che si concluse con la vittoria dell'azienda giapponese.

(...) Ma qual è la "stella", l'oggetto futuribile più ambito? La ricerca è breve e confortata da pareri unanimi ed entusiasti. Restiamo a lungo a guardarlo, solo sotto le luci nella vetrina. È il "computer di casa". Bianco ed occhieggiante, ci pare un incrocio tra registratore e macchina da scrivere, ma guai a dirlo o si incorre nell'ira dell'amatore. A che serve? «Lo attacchi alla Tv e ci fai un sacco di cose. Lo usi per risolvere problemi scolastici e scientifici. Lo usi per la musica, ha tre generatori di tono con tre ottave ciascuna, o per la casa, metti in memoria tutta la gestione, dalle spese alle entrate, dalla banca al telefono. Infine, ti calcola anche il bioritmo per 4 settimane, ha 24 colori di base che producono infinite variazioni.» Più o meno seicentomila lire, la scatola del futuro sta nella vetrina. È piccola ma la occupa tutta.

Citazione finale per il "bianco" VIC 20 della Commodore, a quanto pare esposto in vetrina come una sacra reliquia, venduto in quel periodo a listino per 495.000 Lire + IVA al 18%, quindi appunto sulle 600.000.


L'articolo offre poi una gustosa appendice a firma Vito Faenza, in cui viene descritto l'arrivo di un videogioco in famiglia, parte che riproduciamo integralmente. La console descritta è senz'altro l'Intellivision di Mattel, in cui però il classico Space Battle viene chiamato Star Battle. Nello stesso modo, viene inserita nel quotidiano un'immagine erronea, quella di un computer TI99/4A di Texas Instruments.

Per comprarmi il giochino elettronico ho cercato mille scuse; alla fine ho trovato una serie di favorevoli contingenze (un'offerta speciale, mio figlio che compirà - a gennaio - due anni) e sono riuscito a vincere la resistenza di mia moglie che mi ripeteva (e mi ripete): «Ma che te ne fai?». Vincendo una dura lotta con mio figlio (che a tutti i costi voleva impadronirsi dello scatolone che lo conteneva) sono riuscito a sistemarlo accanto al televisore, a bloccare i vari cavi, ad inserire la cassetta (una per ogni gioco con un costo fra le 35 e le 40 mila lire). Per ore ho cercato di abbattere gli alieni che, immancabilmente, invadevano la mia "base", ma questa personale "Star Battle" si è rivelata un'immensa "Waterloo". Mia moglie, impietosita, si è avvicinata e mi ha chiesto: «C'è qualche gioco da fare in due?» Si è messa col telecomando in mano ad attendere le immagini del "Soccer", il calcio. «Chissà come sono questi giochi - mi ha detto segnando il primo goal - io non ci ho mai giocato!». E mi ha infilato, una dietro l'altra, quattro reti prima che potessi imbastire una benché minima azione. Ho tentato la rivincita a basket, con mio figlio di due anni, ma anche qui la sconfitta è stata clamorosa. Il mio piccolo non sa leggere e non sa - come spiegano a chiare lettere le istruzioni - che da centro campo non è praticamente possibile segnare. Lui ha continuato imperterrito a premere il tasto del tiro ed a infilarmi un canestro dietro l'altro. Un vantaggio l'ho avuto: per quattro o cinque ore non ho fumato neanche una sigaretta. Cosa dire a chi ha intenzione di comprare un video-gioco come il mio? Peccato che non abbiate la passione dei trenini elettrici.

Commenti

  1. Come al solito, spettacolare resoconto dell'epoca. Rende perfettamente l'atmosfera.

    Mi riporta a quel Natale del 1983, quando, pieno di speranze, varcavo la soglia della cartolibreria scolastica più grande, alla periferia del mio paesino in provincia di Brescia... dove il lungimirante proprietario del negozio aveva ben pensato di dedicare un angolo (e qualcosa più) ai neonati computer di casa Commodore. Il VIC-20 ed il C64 facevano bella mostra di sé in vetrina. Lui, ex pubblicitario con esperienza a Milano, dalla parlantina sciolta e suadente, saltava come un folletto di tavolo in tavolo e accendeva i computer per farli provare ai ragazzi e bambini che vi si accalcavano, oramai ignari delle esigenze scolastiche per le quali erano originariamente entrati. Ricordo anche i miei genitori che cercavano di capirci qualcosa di più, chiedendo la differenza fra Commodore VIC-20 e 64: "signora, è come chiedere la differenza fra la Fiat Regata e la Ferrari"... e mio padre, con la Regata nuova fiammante parcheggiata là fuori, che lo guardava male.

    Alla fine, fu VIC-20, e mi ci divertii moltissimo. Imparai davvero tanto, al netto del fatto che ovviamente era soprattutto giochi, che avevo cominciato a comprare sotto forma di cassettine da edicola. Era software in BASIC originale italiano, la collana si chiamava Play on Tape (1984-87) ed era possibile entrare nel listato per studiarlo e modificarlo a piacimento. Molto istruttivo. Per chi ne volesse sapere di più lascio un link: http://sleepingelephant.com/ipw-web/bulletin/bb/viewtopic.php?f=13&t=7147 . Poi venne il C64, e fu un altro amore: ma il primo non si scorda mai.

    Le console invece... non pervenute. Dopo un iniziale contatto da bambino perché lontani parenti ne possedevano una della prima generazione (un clone Pong), non ne sentii più parlare ed entrai direttamente nel mondo dei computer. Probabilmente, in città avrei fatto tutto il percorso... ma grazie a quel piccolo grande uomo (grazie signor Antonio, magari ci sta leggendo) penso di aver scelto la strada più proficua per alimentare la curiosità e la voglia di capire di un ragazzino tredicenne.

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    1. Io compravo Videoteca Computer che penso fosse equivalente a Play on Tape ma per Commodore 64. Era un appuntamento fisso in edicola e mi era dispiaciuto non trovarlo più. Se ricordo bene anche loro poi iniziarono a pubblicare solo giochi piratati.

      Gabriele

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    2. Certo Gabriele, la ricordo benissimo perché passai poi al C64 e comprai anche alcuni numeri di quella collana; solo per scoprire che purtroppo dopo pochi mesi era già diventata l'ennesima pubblicazione pirata :(

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    3. Anche io abitavo in un paesino e riviste come Videoteca Computer erano una delle poche occasioni di imparare il Basic. A parte questa collana compravo quasi sempre Papersoft ma non avevo nessun libro, a parte l'edicola nel mio paese c'era poco altro e ovviamente nessun negozio specializzato. Essendo ragazzino ovviamente compravo anche i giochi tipo Special Program e altre, ma avrei preferito più scelta e più spiegazioni tecniche. Riviste come Commodore Computer Club le ho scoperte solo su internet, in quegli anni da me non arrivavano o almeno io non le avevo viste.

      Gabriele

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  2. Non è possibile che Tank Attack e Formula Racer fossero due delle cartucce multi-gioco della prima generazione di console, ossia quelle a logica discreta con chip nelle cartucce anziché nell'unità centrale? Quelle descritte qui per intenderci: https://it.wikipedia.org/wiki/Serie_PC-50x#Giochi

    Le cassette citate potrebbero essere storpiature di Tank Battle (AY-3-8710, 2 giochi di carrarmato) e Racing cars / Grand Prix / Race Car GP (AY-3-8603, 2 giochi di guida)?

    Foto esemplificative (le confezioni, le etichette ed i codici variavano, ma non circuiteria e giochi):
    https://i.ebayimg.com/images/g/7wIAAOSwg6VeoF1m/s-l1600.jpg
    https://d1f7geppf3ca7.cloudfront.net/origin/595400/1577195568890_587cf9aa-dd9d-4287-be12-a107cf93f17c.jpeg
    https://cloud10.todocoleccion.online/videojuegos-pc/tc/2015/02/10/13/47672798_24104343.webp

    Vero, l'epoca è diversa, ma in Italia le console arrivarono tra i settanta e gli ottanta e incredibilmente furono commercializzate almeno fino al 1985, anche se come scrivo sopra non ne ho avuto esperienza diretta né ho conosciuto rivenditori o persone che ne avessero.

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    1. Sì, è un'ipotesi plausibile! Non avevo trovato riferimenti esatti a questi due titoli, ma le due tipologie di giochi corrispondono al 100%... Nei cataloghi GBC che possiedo io queste console venivano vendute senz'altro tra il 1980 e l'81 (il modello "Elbex").

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