di Andrea Pachetti
Ci occupiamo nuovamente degli articoli di Giampaolo
Dossena per Tuttolibri: se nel recente passato abbiamo mostrato
un'analisi dei giochi elettronici, stavolta ci troviamo invece in quel passaggio storico, nel mondo
videoludico italiano, tra le prime console e gli home computer. Siamo infatti
nella primavera del 1983, il periodo in cui venivano introdotti sul nostro
mercato
sia il Commodore 64 che lo Spectrum.
Uno dei prodotti più venduti di quel momento (se non il più venduto in
assoluto, secondo alcune cifre pubblicate) era senz'altro il VIC 20 di
Commodore. Ed è proprio questo il computer che qui viene preso in esame: forse
alcune precisazioni presenti nell'articolo appariranno ovvie e per certi versi
superflue ai lettori del 2020, ma inserite nel loro contesto storico rivelano
informazioni importanti, come il momento in cui si sottolinea
l'incompatibilità del software tra le varie marche e produttori.
Nello stesso modo, in quegli anni si stava ancora formando tutta una
terminologia tecnica per la descrizione dei videogiochi e del loro mondo,
quindi in questo testo è possibile trovare la scelta d'uso di "consolle" (con
due "elle", come da prassi dell'epoca), "cassette" per cartucce (cartridge) e
addirittura il termine "impianto", mutuato dagli hi-fi.
Il tema più importante è comunque il giudizio del tutto positivo sui
videogiochi, fornito in un momento in cui, lo ricordiamo, ci si interrogava
ancora
sui danni che i computer potevano recare all'apprendimento: Dossena è molto chiaro, invita a usare i computer e farlo coi propri figli,
segnalando inoltre che il videogioco può rappresentare in molti casi il primo
passo per avvicinarsi al mondo dell'informatica «dalla porta di servizio,
senza neanche accorgersene. È l'ingresso migliore.»
Se pur Dossena è stato celebrato come grande personalità per le sue ricerche
relative al gioco, senz'altro la sua competenza e la sua capacità d'indagine
per quanto riguarda il mondo videoludico è ancora tutta da scoprire, e
ritorneremo nuovamente sull'argomento. Segue, come sempre, il testo completo
dell'articolo.
La Editrice Giochi di Emilio Ceretti è la più vecchia casa italiana
produttrice e importatrice di "giochi in scatola", da Monopoli e Scarabeo, da
Risiko a Blitz. E ha avuto l'idea più nuova. Attraverso la sua rete di
distribuzione (che tocca anche l'ultima cartolibreria sull'Appennino) mette in
commercio una specie particolare di videogioco, il Vic Commodore.
Cos'ha di particolare questo videogioco? Si deve, al solito, collegare con il
televisore domestico. Si devono, al solito, adoperare delle cartucce. Si deve,
al solito, operare su una consolle. Ma questa consolle è un poco più grossa e
un poco più complicata delle altre. Assomiglia alla tastiera di una macchina
per scrivere. Sembra quella di un personal computer. E infatti il Vic
Commodore è un personal computer.
Ma, dirà qualche lettore, se è un personal computer, cosa c'entra coi giochi?
Risposta: con tutti i personal computer si possono fare anche dei
giochi, mentre inversamente coi video giochi si possono fare solo dei
giochi.
Ma allora, direte voi, invece di comprare un videogioco, non val la pena di
comprare addirittura un personal computer?
La risposta è certamente sì, con una sola riserva. Se comprate un giradischi o
un mangianastri ci potete suonare qualsiasi disco, qualsiasi cassetta. Se
comprate un videogioco o un personal computer non potete giocare con
qualsiasi cassetta. Se volete giocare con una cassetta Atari dovete comprare
un impianto Atari, se volete giocare con una cassetta Mattel dovete comprare
un impianto Mattel. Addirittura, le cassette da videogiochi Atari sono di due
tipi, e le une funzionano solo con le consolle dei videogiochi Atari, le altre
funzionano solo che le consolle dei personal computers Atari.
A parte questo caos, al quale per ora solo la Cbs-Colecovision sembra stia
cercando di rimediare, la cosa più importante da dire è un'altra. Con un
videogioco potete giocare solo ai giochi contenuti nelle varie apposite
cassette. Con un personal computer potete giocare con giochi contenuti nelle
varie cassette apposite, e in più potete farvi dei giochi vostri.
Questo sarebbe un discorso amplissimo. Per oggi ci limitiamo a darvi qualche
indicazione. Che con un personal computer si possano fare dei giochi è detto
per esempio nel più recente libro italiano sulle utilizzazioni didattiche dei
computers:
A scuola con il computer, di Egidio Pentiraro (Laterza, pp. 186, L. 9500). È detto di corsa,
svogliatamente. Già in altre occasioni Pentiraro ha mostrato di non sentirci,
dall'orecchio dei giochi. E non è il solo.
Per esempio, in questi giorni esce il terzo e ultimo volume della
Storia dell'educazione occidentale di James Bowen, negli "Oscar"
Mondadori. C'è di tutto, ma di giochi c'è pochissimo, non c'è quasi niente
nemmeno nel capitolo su
Vittorino da Feltre.
Al contrario, in questi giorni esce, sempre negli "Oscar" Mondadori, la terza
edizione di Pedagogia e scienze dell'educazione di
Aldo Visalberghi. Qui ai giochi è dato larghissimo spazio. Pentiraro non è solo nel dar poca
importanza ai giochi, e noi non siamo soli nel dar molta importanza ai giochi.
Tutto regolare.
Per quel che riguarda i giochi che si possono fare e si possono inventare con
un personal computer la cosa migliore sarà trovare un amico che già abbia un
personal computer, o trovare un negozio tranquillo, in un'ora con nessun
cliente, e con un commesso intelligente e volenteroso.
Vedere un personal computer in funzione è come vedere per la prima volta
un'automobile, sedersi per la prima volta in un'automobile, guidare per la
prima volta un'automobile. Leggere un libro sull'automobile serve a poco.
Ma per chi ha già qualche esperienza, si possono leggere libri sui giochi coi
personal computers. Ce ne sono almeno due, del Gruppo Editoriale Jackson:
Giocare con il basic, di Richard Mateosian (pp. 304, L. 20.000) e
Giochi con il 6502 - Tecniche di programmazione avanzate
di R. Zaks (pp. 306, L. 19.500).
Naturalmente il consiglio che diamo noi è un altro ancora, quello di cui
parlavamo all'inizio. Se avete dei ragazzi per casa, e se siete ancora un po'
ragazzi voi stessi, provate a mettervi in casa un Vic-Commodore, e cominciate
a dirvi, a dire ai ragazzi: questo è un videogioco.
Cominciate a fare i videogiochi delle varie cassette. Lasciate che i ragazzi
facciano i videogiochi delle varie cassette. Presto o tardi arriverà il
momento in cui voi vorrete ed essi vorranno cominciare a provare a vedere cosa
diavolo succede schiacciando anche gli altri tasti. Comincerete e cominceranno
a familiarizzarsi col computer. Entrerete ed entreranno nella dimensione
dell'informatica dalla porta di servizio, senza neanche accorgersene. È
l'ingresso migliore.
Che differenza tra l'umiltà di Giampaolo Dossena, la sua apertura mentale che gli fa avvertire la fascinazione e la meraviglia per questo strumento rivoluzionario ed il trombonismo di tanti intellettuali che appena vedono una novità all'orizzonte partono subito con le giaculatorie...
RispondiEliminaÈ vero, si tratta di una differenza molto evidente che, a posteriori, fa apprezzare ancora di più la la lucida analisi di osservatori attenti come Dossena.
EliminaBravo davvero il Dossena! Spero di leggere ancora su di lui in queste pagine. Quando dice "provare a vedere cosa diavolo succede schiacciando anche gli altri tasti", mi è venuto in mente come, appunto nel 1983 con un VIC sul tavolo, tutto iniziò. Stavo giocando a Air Attack su Play on Tape n.1 (https://www.edicola8bit.com/giochi.php?console=vic20&collana=play_on_tape) e il tasto che premetti per sbaglio fu RUN STOP... da lì fu tutta una scoperta :-)
RispondiEliminaSì, senz'altro apparirà in futuro almeno un altro articolo scritto da lui.
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