"Sono già in crisi anche i videogiochi?" (Tuttolibri, 15 ottobre 1983)

di Andrea Pachetti

Ancora una volta siamo di fronte a un articolo di Giampaolo Dossena per Tuttolibri: in questo caso specifico c'è un preciso riferimento al cosiddetto Video game crash americano, una delle primissime citazioni italiane di questo fenomeno. Viene citato esplicitamente un articolo del settimanale Time come fonte principale del commento: si tratta del noto Video Games Go Crunch! di Charles P. Alexander, segnalato sul sito ufficiale della rivista ma purtroppo non leggibile integralmente.

Dossena non poteva certo sapere che nel giro di pochi anni il mercato americano sarebbe stato "risvegliato" da Nintendo, ma ipotizza correttamente che il videogioco in Europa si sarebbe sviluppato e diffuso grazie agli home computer e non le console.

Il settimanale americano "Time" ora in edicola (data del 17 ottobre) pubblica un articolo compiaciutamente catastrofistico sul naufragio e la morte dei videogiochi. C'è del vero?

Certamente questo mercato vulcanico cinque anni fa non esisteva e ha avuto una eruzione di violenza inaudita. Non c'è paragone possibile nella storia dell'industria moderna, dicono gli economisti. Ora si sta assestando, ridimensionando, negli Usa, e qualche contraccolpo si registrerà sotto Natale anche da noi.

Le ragioni sono le solite: assalto alla diligenza, ingorgo di concorrenza, dilettantismo, improvvisazione, sovrapproduzione caotica. Nelle fasi pionieristiche di un'industria s'è già visto. Agli inizi del '900 a Torino c'erano 7 o 8 fabbriche di automobili.

Nei videogiochi poi (che son software, logiciel, parenti dei libri) c'è stata anche mancanza di fantasia e di cultura, scommesse da casinò su cartucce scadenti. Il bagno più grosso l'ha preso Atari, con il personaggio di Et, che avendo avuto successo al cinema "doveva" aver successo anche nei videogiochi e invece non è stato così.

Basterebbe star cauti. Un colosso come la Ibm, si dice da mesi che entrerà nel mercato: per prudenza non lo ha ancora fatto. Colossi come la Cbs e la Parker ci sono entrati da poco, con prudenza grandissima, a passi da gatto.

Probabilmente il futuro non è dei videogiochi da sala o domestici, da applicare al televisore casalingo, bensì dei videogiochi da applicare al personal computer o da inventarsi col personal computer.

Andranno all'inceneritore miliardi di cartucce, andranno ai rottami milioni di consoles (e anche certi personal computers sono dei bidoni, non diversamente da certe macchinette per il gelato)... Ma da qui al naufragio e morte dei videogiochi ce ne passa. Ne deve passare di acqua sotto i ponti. Però attenzione, sempre questo è il discorso, le acque del mercato, nel mondo dell'intrattenimento, van mille volte più veloci di quelle di un torrente. 

Commenti

  1. > ET
    > Andranno all'inceneritore miliardi di cartucce...

    Non esattamente: https://it.wikipedia.org/wiki/Sepoltura_dei_videogiochi_Atari

    ;-)

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    1. Nel 2014 ho dedicato due approfondimenti alla cosiddetta "sepoltura" di Alamogordo: effettivamente avrei potuto mettere i link direttamente nell'articolo, ma li trovi nell'apposita sezione. Non ci ho proprio pensato.

      Mi spiace ma ho dovuto rimuovere la parte del tuo commento con il printout dell'articolo di Time Magazine, anche se ringrazio per il pensiero. Su queste pagine riporto esclusivamente articoli di riviste non più esistenti, impossibili da recuperare altrimenti, così come testi tratti da archivi pubblici e disponibili con licenze aperte. Dato che invece l'archivio di Time esiste tuttora ed è a pagamento, contravviene a questo mio principio.

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    2. Oh, non ci avevo pensato. Chiedo scusa.

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    3. Figurati, nessun problema! Ai documenti devo purtroppo sempre riservare un'attenzione elevata, proprio in caso di archivi privati a pagamento che, giustamente, devono poter esercitare i loro diritti.

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