Quanto vendevano realmente gli home computer in Italia nel 1982-83?

di Andrea Pachetti


Come dimostrato di recente da un articolo apparso su Le Monde, una delle questioni che interessa di più a chi si occupa di storia del videogioco è quella relativa alle "cifre": qual era il computer più comprato e apprezzato, quale console aveva vinto la guerra dei prezzi nel tal paese, quali videogiochi erano i top seller, e così via.

Non è immediato capire il perché di questo tipo d'interesse: evidentemente con i numeri si possono esprimere in maniera molto chiara paragoni e tendenze, sebbene ci sia spesso troppa superficialità nel trovare delle fonti attendibili; in un mercato che non era affatto globalizzato, in cui le situazioni dei singoli paesi e addirittura le singole regioni erano assai diversificate, riflessioni relative all'esperienza dell'utente e la propria cerchia di conoscenze (es: nella mia scuola tutti avevano il Commodore 64) hanno una validità pressoché nulla.

Nello stesso modo, è difficile affidarsi ciecamente alle cifre che provenivano dai singoli produttori e che venivano di solito pubblicate sulle riviste. Si potevano riscontrare due tendenze opposte nella manipolazione di questi dati, per motivi diversi: le cifre di vendita dichiarate potevano essere aumentate rispetto alla realtà se si trattava di marketing e annunci pubblicitari, mentre in altri momenti le stesse cifre potevano invece essere minimizzate per motivi fiscali.

Detto ciò, nei mesi scorsi sono andato alla ricerca di riferimenti interessanti e una delle fonti più complete l'ho trovata in un articolo del febbraio 1984 pubblicato su Pergioco, a cura di Marco Gatti, in cui l'autore proponeva una carrellata su tutti i maggiori produttori di home e personal computer presenti nel nostro Paese, con interviste di prima mano a personaggi di rilievo che lavoravano nel settore. L'importanza di queste cifre oggi non sta tanto nel loro valore assoluto; esprimono piuttosto dei rapporti relativi e delle tendenze, utili per comprendere la portata del fenomeno home computing nell'Italia dei primi anni Ottanta, alla luce dell'evoluzione successiva.

Gatti iniziava con l'intervistare i direttori commerciali delle due principali società italiane: la Commodore Italiana e la Rebit Computer (divisione della GBC, per Sinclair), rispettivamente Antonio Papazian e Francesco Fontana. Entrambi volevano mostare il successo delle proprie macchine, rispetto alla concorrenza, facendo notare che era impossibile per loro assolvere in tempi brevi alle numerose prenotazioni ricevute.

Papazian della Commodore dichiarava che: «Nel 1983 monopolizzeremo la fascia del computer domestico, arrivando molto vicini alla magica cifra delle 100 mila unità vendute. A un mese dalla fine dell'anno, avevamo ancora 10 mila ordini inevasi per il nostro CBM 64, mentre del vecchio Vic 20 sono state vendute circa 60 mila unità. Se si pensa che nel 1982 avevamo venduto 25 mila Vic, si vede come le vendite siano più che raddoppiate, un raddoppio che speriamo e prevediamo anche per il 1984.» Data la cifra totale di computer (poco meno di 100 mila) e il numero preciso dei Vic 20 (60 mila) è dunque possibile dedurre che erano stati venduti nel 1983 (a partire da fine marzo) poco meno di 40 mila Commodore 64.

Fontana della Rebit rispondeva segnalando che aveva «la scrivania piena di ordini inevasi. Attualmente ho davanti a me 3 miliardi di ordini e da un po' di mesi la mia preoccupazione maggiore è quella di riuscire a soddisfare tutte le richieste.»  Nel 1983 erano stati venduti 15 mila pezzi del modello ZX81 e 30 mila del modello ZX Spectrum, entrato in commercio in aprile, mentre nel 1982 si erano venduti in tutto 18 mila ZX81. Le previsioni per il 1984 parlavano di 25 mila ZX81 e ben 80 mila Spectrum.

Fontana e Papazian erano concordi nel segnalare una particolarità della situazione italiana, per il primo infatti «attualmente molti di coloro che vorrebbero un videogioco si orienteranno verso l'home computer, e si può dire che in Italia abbiamo avuto la fortuna di saltare in buona parte il fenomeno del videogioco puro», mentre l'altro diceva che «la rapidità dei fenomeni americani questa volta può servire di lezione sia a noi sia alla gente: in Italia si sta passando quasi direttamente dall'arcade game (il videogioco da bar) al computer di casa». C'è infatti da notare l'anomalia locale per cui l'Atari VCS da noi arrivò tre anni dopo la sua uscita (Natale 1980, contro il 1977 americano) e l'Intellivision solo nel 1982.

Il tasso di penetrazione dell'home computer rispetto ai nuclei familiari era comunque molto basso in Italia, si parla di uno 0,2% contro il 6% degli Stati Uniti e l'8% della Gran Bretagna: significa insomma che solo una famiglia ogni 500 possedeva un computer.

Apple ovviamente già da allora aveva un'ottica del tutto diversa; La Apple si era rivolta soprattutto all'utilizzatore professionale vendendo nel 1983 circa 6 mila computer, con un incremento rispetto all'anno precedente dell'80% e con una previsione d'incremento almeno pari per l'anno successivo.

Franco Del Vecchio, direttore marketing della Iret, distributrice italiana della Apple, chiariva la posizione della società americana: «La Apple non ha mai inteso il computer come sfizio, ma come strumento che aiuti a risolvere dei problemi: questa stessa ottica verrà mantenuta anche nel settore domestico, dove per essere veramente utile il computer deve avere le prestazioni di un sistema globale con relative periferiche e quindi anche un prezzo relativamente alto. Alla domanda fondamentale sull'utilità di un computer in casa io risponderei che in primo luogo rappresenta un modo per dare la possibilità ai ragazzi di conoscere da vicino gli strumenti con i quali inevitabilmente avranno a che fare nel loro futuro; è poi una finestra sul mondo delle banche dati, fenomeno in Italia ancora molto arretrato ma che necessariamente si dovrà sviluppare; un computer infine, se fornito del software adeguato, deve poter essere d'aiuto in qualunque tipo di attività professionale svolta nell'ambito domestico.»

Riassumendo i dati con una tabella, è possibile vedere in questa prima fase una sostanziale parità tra i due computer emergenti, il Commodore 64 e lo Spectrum. I due dati di vendita sono paragonabili poiché entrambi iniziano a essere venduti nella primavera del 1983, tra fine marzo ed aprile.

Modello vendite 1982 vendite 1983 
Commodore 64 Vicine a 40.000 
Commodore VIC 20 25.000 60.000 
Sinclair ZX81 18.000 15.000 
Sinclair Spectrum 30.000 
Apple ][ 3.300 circa 6.000 

Tra i nuovi concorrenti, si presentava all'orizzonte la serie XL di Atari proposta dalla filiale italiana, che si era formata nel 1983 rilevando da Melchioni i diritti di vendita del settore console e da Adveico quella del settore home. Le dichiarazioni di Bennet Goldberg, responsabile marketing, erano ambiziose: «Finora in Italia la tendenza sembra quella di mettere in commercio home computer che siano delle specie di mini-personal. Noi siamo invece una divisione della Warner (che si occupa di dischi, film, videogiochi e fumetti) e in quanto tali a chi ci chiede cosa può servire un computer in casa rispondiamo con una domanda: a cosa serve un hi-fi, un videoregistratore o un tv-color? Io sono certo che grazie a una strategia puntata sul divertimento diverremo entro il 1984 uno tra i tre più forti venditori di home computer in Italia, accanto a Commodore e Sinclair.»

Nello stesso periodo c'erano state anche numerose "vittime" nel mercato locale: una su tutte il TI-99/4A della Texas Instruments. Gatti faceva notare la spiacevole tendenza a «svuotare in fretta i magazzini ricorrendo persino alla vendita porta a porta organizzata da agenzie che puntano sull'ignoranza della gente e sul basso prezzo abbinato al fascino della parola "computer"».

Oltre al TI, ci fu l'abbandono dell'Aquarius da parte della Mattel. L'ingegner D'Avanzo, responsabile della Mattel Electronics dichiarava che avevano «capito troppo tardi che oggi l'home computer deve essere di un certo livello, mentre il settore dei videogiochi mantiene un certo interesse, quello dei piccoli home computer non ha futuro. La strategia Mattel sarà di puntare sulla creatività dei nostri giochi e di fornire software per i computer Commodore, Atari, Coleco, Apple e... naturalmente IBM.»

Fonti iconografiche: l'immagine di copertina di Pergioco è tratta dal sito nand.it;
Fonti testuali: i dati e le citazioni sono tratte dall'articolo di Marco Gatti «Home computer sbaraglia i videogame», presente sul n. 38 di Pergioco (febbraio 1984) e consultato in cartaceo.

Commenti

  1. Un preciso ritratto della situazione italiana di quel periodo, confermo appieno il quadro rilevato, l'unica mancanza che posso indicare è che avendo coinvolto Apple per delineare il settore pro e semi-pro mancano del tutto i dati di Olivetti e IBM che in quel periodo vendevano 4/5 volte tanto Apple in Italia e quindi in classifica si sarebbero rivelati vicini se non anche superiori a Commodore come volume di vendite totali (Olivetti nel 1983 con M24 e prima con M20 mentre IBM con il 5150).

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    1. È vero, certi dati devono essere cercati altrove per avere un quadro completo della situazione.

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