Che chiasso! Sembra una casa di flipperanza (1978)

L'articolo qui presentato fa parte dell'Archivio Storico di Quattro Bit ed è tratto dal settimanale L'Espresso n. 42 (22 ottobre 1978) pp. 147-153, fonte: Studiogiochi

[Sono particolarmente felice di poter far leggere questo articolo, dato che rappresenta una delle più antiche fonti per quanto riguarda l'arrivo del videogioco in Italia, risalendo addirittura al 1978. Come i più attenti lettori di Quattro Bit sanno già, da queste parti siamo molto affezionati agli scritti di Giampaolo Dossena, e in questo caso lo studioso fornisce una vera e propria storia del videogioco in Italia dal '74 al '78, in tutte le sue declinazioni: videogioco casalingo, gioco "da bar" e giochi elettronici portatili. Le belle foto a corredo sono state realizzate durante la 7° Enada, di cui abbiamo presentato dei frammenti video un anno fa. Ringrazio Dario De Toffoli di Studiogiochi per avermi autorizzato a presentare il testo di Dossena, raccolto e catalogato assieme a moltissimi altri contributi nel progetto "Archivio Italiano dei Giochi".]

Che chiasso! Sembra una casa di flipperanza

di Giampaolo Dossena

Il flipper ha figliato senza ritegno. Siamo ormai alla seconda generazione della dinastia, quella dei video-giochi di destrezza. I quali si dividono in: A) miti e silenziosi; B) violenti e fracassoni. A chi il futuro?

Un gioco elettronico dei più classici che riproduce il percorso di una gara automobilistica.

Roma. Due domande di storia d'Italia: cosa è successo il 20 settembre 1958? e il 30 giugno 1959?

Rispondere alla prima domanda è facile perché il ventennale della chiusura delle case chiuse è stato celebrato di recente con rilievo e varietà di toni. Sul "Giornale nuovo" Mario Praz ha tracciato una breve storia del bordello nella letteratura universale. Sui muri di Milano sono apparsi manifesti di rimpianto goliardico.

Rispondere alla seconda domanda è meno facile, ma il fatto storico è connesso al primo. Il 30 giugno 1959 una circolare del ministero degli Interni metteva al bando i flipper. Ferma restando la legge Merlin, la circolare anti-flipper fu presto revocata; ma restano sacche di proibizionismo nel territorio nazionale: Palermo e Bolzano non hanno mai visto i flipper. Catania li ha avuti e poi se li è visti togliere. In ogni modo, se la battaglia contro i flipper fu una battaglia di moralizzazione, i puritani che l'hanno combattuta hanno perso, e la loro sconfitta sta diventando una rotta precipitosa.

Perché? Perché il flipper resiste, anzi dal vecchio flipper elettromeccanico nasce il flipper elettronico, e dal flipper elettronico nasce il video-gioco che dilaga nei bar e s'insinua nelle case. "Automat", la rivista dei "vincitori" (i produttori e distributori di questi giocattoloni), giunta prosperamente al 17° anno di vita, ospita articoli intitolati per esempio, con arrogante ironia, "Ho passato la mia gioventù in una casa di flipperanza".

Tutti i video-giochi si svolgono su un video televisivo, ma si dividono in due famiglie ben distinte. Li posso giocare sulla televisione che ho in casa; oppure su un video speciale, che serve solo a questo scopo, e viene installato con gettoniera nei locali pubblici, accanto al flipper e al juke-box. Andiamo per ordine, e cominciamo dai video-giochi casalinghi.

A sinistra: il Laser-cat, una delle ultime trovate nel campo dei video-giochi casalinghi; a destra, il video-gioco riproduce la pista del bowling.

I primi arrivano in Italia dagli Usa nel 1974 e si installarono nei negozi importanti delle grandi città: non negozi di giocattoli (se non in rarissimi casi), ma negozi di televisori, radio e giradischi. Erano scatole larghe e lunghe come "L'Espresso", alte quattro dita, che si applicavano al televisore con qualche filo e una presa speciale. Collegati alla scatola, due pulsanti. Sul video compariva una pallina; ai lati, due sbarrette da intendere come racchette da ping-pong. Manovrando i pulsanti ciascuno dei due giocatori poteva spostare la propria racchetta, respingendo la pallina. C'erano alcune varianti che assomigliavano al calcio, alla pelota, al rugby. Prezzi elastici come per tutti gli elettrodomestici, sulle 100.000 lire e meno.

Tra il '74 e il '77 il video-gioco entrò in qualche migliaio di case, a folate natalizie. Se ne impadronirono gli adulti. Gli adulti furono battuti dai ragazzi, che hanno sempre riflessi più pronti. Dopo gli adulti se ne stancarono anche i ragazzi. Senza appoggi pubblicitari, e con una tradizione orale poco entusiastica, il video-gioco si fece strada lentamente. Quest'anno la situazione è precipitata, come s'era già vista precipitare, in modo più clamoroso, la situazione dei calcolatori tascabili. I prezzi calano, gli importatori si moltiplicano. Un negozio come il Costanzi di Roma riceve la visita di un commesso viaggiatore al giorno, che offre video-giochi sempre nuovi. Nuovi nel nome e nella marca, quasi mai nella sostanza. L'apparecchiatura tradizionale, coi quattro giochi di palla e spatola in bianco e nero, è scesa fin sotto le 30.000 lire.

Sono arrivate le apparecchiature a colori, portando con sé la novità più notevole: non sono più scatole con i soliti quattro o più giochi incorporati, fissi, bensì sono scatole che vanno caricate con cassette (simili alle videocassette degli audiovisivi), ciascuna delle quali può contenere fino a dieci programmi per giochi diversi. Qui il prezzo della scatola è sulle 240.000 lire, di una cassetta sulle 25.000. Alcune cassette della Fairchild permettono di trasporre sul video giochi classici come il Backgammon o il Black Jack.

L'inserimento di questi giochi prolunga certamente i tempi di utenza, perché chi ha imparato ad amare il Black Jack o il Backgammon non se ne stanca mai, e anzi spera di poterli giocare anche dopo morto, se crede alla vita eterna, ma non è detto che allarghino molto la clientela, in Italia. Anche al salone autunnale del giocattolo, alla Fiera di Milano, era chiaro che il Backgammon continua a diffondersi, ma piano piano. Quali i vantaggi di giocare Backgammon e Black Jack sul video?

Nel caso del Backgammon è evidente la comodità: si può fare stando sdraiati, e in silenzio. Ma non è detto che un vero, duro giocatore di Backgammon sappia rinunciare al piacere di tirare i dadi (anche se sa cosa pensano gli psicanalisti di questo gesto), e di muovere manualmente le pedine, e di muoverle rumorosamente nelle mosse più cattive e arrischiate. Insisto nel proclamare che il vero Backgammon è di legno; già i Backgammon di sughero mi sembravano una degenerazione proustiana; recentemente m'è toccato di vedere, con ribrezzo, dei Backgammon in velluto. E dunque forse a qualcuno piacerà anche il video-Backgammon.

Nel caso del Black Jack i vantaggi della partita trasposta sul video sono più evidenti (per chi, daccapo, non abbia zone erogene esposte al feticismo del mazzo di carte e dei gettoni o della moneta sonante). Si fissa o si alza la posta schiacciando un bottone, si ha subito carta schiacciando un bottone, e ciascun giocatore ha immediatamente evidente sullo schermo la somma delle proprie vincite o perdite.

Gli ingredienti di violenza sono nulli o scarsi in quasi tutti i video-giochi casalinghi. Ce n'è qualcuno che, oltre ai soliti pulsanti, comporta due armi fondamentali, fucile e volante, ma le corse con incidente o gli spari con sterminio non vellicano gusti veramente, grossolanamente sadici, perché l'audio resta assente, o ha toni bassi. Prima di Natale però avremo il salto qualitativo, con l'immissione sul mercato di giochi tedesco-giapponesi. Qui sarà accentuato il gusto della distruzione, con bombardamenti di città e traversamenti di campi minati, e sarà diversamente utilizzato l'audio, con botti, schianti e effetti "musicali" al limite del sangue dalle orecchie.

Per intenderci: come nel cartone animato giapponese "Mazinga contro gli Ufo-robot". Chi se l'è perso, le settimane scorse, in prima visione, può farsene una pallida, muta idea dagli album e dai libri pubblicati dall'editore Giunti-Marzocco. L'album delle figurine ("Atlas-Ufo-Robot") furoreggiò nello scorso anno scolastico. Lo spirito di Mazinga, che sta per entrare nelle case solo ora, o solo domani, s'è installato ormai da un paio d'anni nei bar, nei circoli ricreativi, nelle sale-giochi. Siamo arrivati a parlare del gioco su video speciale, che serve solo a questo scopo. Anche qui il mercato sta avendo un fracassante sussulto di espansione.

A sinistra: caccia all'uomo nel deserto; al centro: il vecchio gioco del Break-out trasformato in elegante tavolo da tè; a destra: i video-giochi a percorso simulano sempre più da vicino la situazione di guida.

A Roma, al Palazzo dei Congressi dell'Eur, si è tenuta dal 4 al 7 ottobre la "Enada 7", settima Esposizione nazionale apparecchi divertimento automatici. Gli operatori sono euforici. Incremento di produzione galoppante; esportazione al trotto; cammina bene anche la produzione nazionale delle piastre elettroniche, o memorie, che prima erano tutte d'importazione. Siamo in quelle terre di confine tra piccola industria e artigianato dove probabilmente prospera il lavoro nero; ma non siamo qui per parlare di lavoro.

Per il visitatore giocherellone c'è un'impressione globale di smarrimento, di fronte a questo esercito vittorioso: le aziende del settore sono circa 3.000; nel 1977 le gettoniere si sono bevute 34 miliardi e 800 milioni di lire, in monete da 100 lire; questa "Enada" è al terzo posto nel mondo, come numero d'espositori e giro d'affari, dopo le consorelle "Amoa" di Chicago e "Ate" di Londra. Novità eccitanti non ce n'è. Semmai, sono sempre più veristiche le trasformazioni dei vecchi pulsanti: fucili, volanti, cambi di marcia, acceleratori, periscopi, guantoni con cui si orienta il pugno, e lo si sferra. L'avversario, sul ring, si sgretola come "La Cosa" dei Magnifici Quattro.

L'escalation della violenza prende anche vie coperte. In "Safari" perdi punti se ammazzi il cane da caccia; in "Bazooka" perdi punti se spari sull'ambulanza; in "Main Street" perdi punti se investi il pedone. Ma basta decidere di basare il punteggio sulle penalizzazioni, trasformando il negativo in positivo, e ti diverti subito il doppio. In "Magic Circus", se manovri bene, secondo le leggi del Bene, il piccolo clown salta, rimbalza, fa scoppiare i palloncini, pof-pof; se giochi male, secondo le leggi del Male, il clown casca per terra con fracasso, e piange.

Gli operatori dell'Enada sono profondamente acculturati. Dicono che i video-giochi, più son cattivi e più salvano i giovani dal suicidio. Anche i linotipisti del "Giornale nuovo" sono ormai tanto acculturati che quando Mario Praz (nell'articolo storico-postribolare citato in apertura) butta là il nome di un poeta sadico-barocco come il Brignole Sale, quelli te lo trasformano con bella sicurezza in Brignole Sade. O è stato un gioco di Mario Praz? Fatto sta che non c'è più balaustrata che tenga, fra i motti di spirito di Mario Praz, i lapsus dei linotipisti del "Giornale nuovo", e gli "statements" degli operatori dell'Enada.

Suoni soffici, vellutati, voluttuosi, si hanno solo per i video-giochi da grand-hotel. Qui il design è agli antipodi del pop dei vecchi flipper: linee sobrie, nero lacca, filettature viola. "Tournament table" potrebbe stare in una garçonnière dei quartieri alti come tavolo da tè. "Space Wars" è un mobile sagomato, alto, ispirato al cattivo di "Guerre stellari", Darth Wader (sic!). Questo non potrà mai affrontarlo un ragazzo, perché metà del gioco consiste nel decidere a che gioco giocare, programmando componenti incrociate. Voliamo con la forza di gravità o senza? Possiamo incontrare piogge di meteoriti o no?

Il vecchio flipper resta a prima vista quello che è sempre stato, ma gli elementi elettromeccanici si riducono a un 10 per cento rispetto agli elementi elettronici. Cambiano i suoni, cresce la velocità, il segnapunti non è più a tabulatore. Un cambio di design è nella "Fox Lady", nero-viola anche lei. Si gioca seduti, non serve spingere, sparisce la possibilità di fare tilt. Uscendo dall'Enada, in uno stand periferico s'incontra il vecchio calciobalilla. Qui l'evoluzione non attecchisce: i calciobalilla sono perfetti e immutabili come i violini. C'è chi li fa in fibra di vetro, coprigioco di cristallo e raccoglitore di palline in acciaio, ma sono quisquilie. Unico dato inaudito: a sud di Napoli sono graditi i calciobalilla con asta telescopica; a nord si preferiscono quelli con asta lunga, che non rientra. Alfonso Pendezza di Villa d'Ogna, in Val Seriana, produce calciobalilla di legno, tipo famiglia, senza gettoniera, che uno si può portare a casa per 100.000 lire: prezzo medio di un ping-pong da interni, al giorno d'oggi.

A sinistra: il "Super speed race", ovvero la gara superveloce, per giocarlo servono riflessi di ferro; A destra: anche gli eroi del ring sono assurti ai fasti dei video-giochi da luna park.

C'È ANCHE UN BALOCCO GENTILISSIMO: APPLAUDE

"Fatta la legge trovato l'inganno" vuol dire anche un'altra cosa: imposto un nuovo lavoro, inventati nuovi strumenti, c'è sempre qualcuno che trova il modo di capovolgere il lavoro in gioco, trasformando gli strumenti di lavoro in giocattoli. Così è successo all'ultimo arrivato, il calcolatore elettronico, che fu subito usato da ingegneri e ufficiali dell'esercito e della marina per giochi che incidevano spaventosamente sui bilanci nazionali. Su scala ridotta, quando si è arrivati a una diffusione commerciale del "pocket calculator", si è diffusa la moda di giocarci, e su questi giochi si sono scritti anche dei libri. "L'Espresso" ne ha parlato nel dicembre di due anni fa.

Giocare col calcolatore tascabile è fare del bricolage. Sulla fantasia del bricoleur cala un'altra volta l'industria, che progetta e mette sul mercato altri calcolatori, destinati specificamente al gioco: e allora ecco per esempio la battaglia navale elettronica. Chi ama la vera, vecchia battaglia navale con carta e matita non ci trova molto sugo. Con un po' più di fantasia e d'impegno i produttori arrivano poi al "Master Mind" elettronico ("Comp IV") e al giocatore di scacchi elettronico ("Chess Challenger"). Di questi giochi, che sono appena arrivati in Italia, o stanno per arrivare, abbiamo parlato sull'Espresso dell'8 ottobre scorso. L'ultimissima novità, in commercio da pochi giorni negli Usa, si chiama "Simon"; è fabbricato dalla Milton Bradley Co, e costa 39 dollari. È basato su un principio di "son et lumière" che, per chi ha fatto buoni studi, ricorda il Carlo Martello del "Paradiso" di Dante; per chi va al cinema ricorda subito gli "Incontri ravvicinati del terzo tipo".

Si tratta di un figlioletto dei dischi volanti, 30 cm di diametro. Diciamo subito che se non sai giocare ti fa delle pernacchie, per cui qualche giocatore facoltoso e nervoso finirà certamente per buttarlo dalla finestra come un freesby (sic!). Se hai pazienza, lo accendi: ti fa una nota, di gusto molto elettronico, e lampeggia un colore. I colori sono quattro, giallo-rosso-verde-blu, e corrispondono ad altrettanti tasti. Se, con prontezza, premi il tasto che s'era acceso, subito si riaccende e risenti la stessa nota. Allora "Simon" ti ripete quella nota con quel colore, e te ne aggiunge una seconda, con un secondo colore. Tocca a te ripetere le due note, schiacciando nella successione corretta i due tasti. Lui passa a tre, e tu lo segui.

Si può arrivare a 32 note: se ce la fai, hai luminarie e applausi, veramente gratificanti, anche nella più nera solitudine. Se si gioca in due o più persone il divertimento si moltiplica, a patto che qualcuno della compagnia non abbia una solida preparazione musicale, che costituisce un handicap. Ci sono alcune possibilità per rendere il gioco gradualmente più difficile, più veloce. La successione delle note è sempre diversa. "Simon" può anche servire per inventare dei motivi musicali, ma in linea di massima i suoi prodotti non sono molto orecchiabili, come del resto non erano molto orecchiabili le "cinque note dell'amicizia" degli "Incontri ravvicinati".

Commenti

  1. Nice find! Grazie per questo contributo interessantissimo, che ci riporta ad un momento primordiale del videogioco, quando si faceva su macchine dedicate e non (anche) sugli home e microcomputer, ancora di là da venire in quel lontano '78.

    Bello anche leggere, nella prosa misurata e ironica dell'ottimo Dossena (ottimo solo in lingua italiana pare :-)), l'evoluzione dei giochi elettronici dall'atterraggio in terra italica nel vicino '74; e quanto ancora in fondo fossero considerati una moda temporanea. Le "sale giochi", gli "arcades" americani, da noi avrebbero invece fatto il pieno nella prima metà e in molti centri minori anche nella seconda metà degli Ottanta. Però già allora quasi 400 milioni di monetine da 100 lire era un bel guadagno: tenendo basso il prezzo di una partita (circa 35 centesimi di Euro attuali) hai voglia a smettere. Ancora una e torno a casa...

    Infine, due approfondimenti:

    1) Su wiki si trova una bella lista delle varie console domestiche appartenenti alla prima generazione, ossia di tipo "pong on a chip", con logica discreta e CPU dedicata interna o sulle varie cartucce. Qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_generazione_delle_console e qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_della_prima_generazione_delle_console

    2) La citata Fairchild, modello Channel F, fu invece la prima console al mondo con cartucce programmabili, ossia con microprocessore proprio e giochi flashati su ROM "more moderno". Con lei comincia la seconda generazione di console, che culminerà con l'Atari 2600 e si intersecherà finalmente con i microcomputer. Questi vinceranno la battaglia nel 1983, ma non la guerra, che continua ancor oggi ;-)

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    1. In effetti a leggere delle "sale giochi" presentate da Dossena sembra quasi di sentir descrivere un vero e proprio altro mondo, poiché per esempio in Italia siamo ancora nel periodo antecedente a Space Invaders, che fu il più grosso successo dell'Enada solo nel 1979, tra originali e cloni.

      Il Fairchild di cui si parla da noi arrivò (in ritardo) nel 1978 nella versione proposta dalla Saba e quindi, come viene giustamente sottolineato, proposto non in negozi di giocattoli ma di televisori ed elettrodomestici, come del resto era avvenuto anche per il primo Ping-o-tronic della Zanussi. Il Saba Videoplay e il suo arrivo in Italia meriterebbero un articolo a parte: comunque è evidente, già da quello che afferma Dossena, come il suo target sia quello di divertimento sofisticato per adulti, anche per il prezzo molto alto (circa 820 euro di oggi).

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