"Il personal computer diventerà l'elettrodomestico del futuro" (La Stampa, 29 gennaio 1984)

di Andrea Pachetti


Un paio di anni fa circa avevamo iniziato ad approfondire, con una breve indagine, quale fosse il volume reale di vendite degli home computer in Italia, per avere una dimensione tangibile dell'ordine di grandezza del fenomeno; una realtà certamente in espansione, ma che nel 1983 era appena agli inizi nel nostro Paese.

Questo articolo del gennaio 1984 offre altri dati interessanti, compatibili con quanto pubblicammo allora: secondo le fonti del giornalista Sandro Doglio, nel corso del 1983 erano stati venduti in Italia circa 50.000 "personal" computer e 100.000 "home" computer. È da notare come venisse operata una distinzione tra questi due settori sia per motivi di prezzo che di destinazione d'uso: nel caso specifico, per "home computer" si intendevano quelle macchine utilizzate per giochi o piccole applicazioni, sotto il milione di lire. 

L'altro tema che emerge è quello dei tipi di negozi dove i computer venivano effettivamente venduti: anche questo lo abbiamo affrontato di recente, con particolare attenzione ai luoghi di diffusione dei videogiochi. In contrapposizione ai negozi di elettrodomestici e di giocattoli, i "personal" (qui rigorosamente ancora tra virgolette) necessitavano di catene di negozi specializzati, mutuando la filiera (come nel caso Olivetti) dalla vendita preesistente di macchine per ufficio.

Nella trascrizione dell'articolo sono stati evidenziati in grassetto tutti i dati storici ritenuti rilevanti.


Il "personal computer", come si sa, è un elaboratore elettronico di piccole dimensioni, capace di calcolare, ordinare un archivio, tenere la contabilità, gestire testi, e di fare cento altre cose ancora, purché "caricato" adeguatamente. Non richiede particolari conoscenze, funziona in modo autonomo o anche collegato ad altri computer, più grandi o anche più piccoli. Collegato alle rete telefonica può - o potrà - attingere dati, spiccare ordini.

Secondo le marche, gli accessori e i programmi di cui è dotato, costa dai due ai dieci milioni di lire in media. Nei confronti dei grandi calcolatori elettronici da ufficio, rappresenta un po' ciò che l'automobile è rispetto al pullman, al treno o all'aereo: uno strumento di lavoro (e di divertimento) individuale, per famiglia o per piccolissimi gruppi di persone.

La rivista americana Time lo ha proclamato - fatto senza precedenti per un oggetto - il "personaggio dell'anno" per l'America agli inizi del 1983: il "personal computer" diventerà personaggio dell'anno nell'Italia del 1984?

L'anno scorso in Italia sono stati venduti circa 50 mila "personal" (senza contare i modelli piccoli, che costano meno di un milione, in certi casi anche meno di 200 mila lire, che i tecnici definiscono "home computer" e che sono utilizzati prevalentemente per gioco o per piccole prestazioni: si parla, per questi "home", di più o meno centomila altre vendite).

Pochi, relativamente, in confronto agli Stati Uniti, dove le vendite dei "personal" hanno raggiunto e superato il milione di esemplari nel 1983; ma moltissimi se si considera che se ne erano venduti 26 mila l'anno precedente, 17 mila nel 1981, 10 mila nel 1980 e appena 2 mila nel 1979.

Il grande "boom" dei "personal computer" in Italia (e in Europa) è previsto appunto per quest'anno: secondo gli esperti di mercato dell'IBM dovrebbe anzi cominciare tra pochi mesi, verso la metà dell'anno. Le vendite dovrebbero salire vertiginosamente (e i prezzi - aggiungiamo noi - continuare a diminuire, sia per la concorrenza fra le case produttrici, sia per le innovazioni tecniche in arrivo a getto continuo).

Per la conquista del mercato potenziale dei "personal computer" si è ovviamente scatenata la battaglia fra i produttori. Nel mondo - e sul mercato americano in particolare - i grandi contendenti sono la Apple e la IBM: il "personal" è nato virtualmente grazie alla Apple, che per alcuni anni ha dominato il mercato; ma da un paio d'anni la IBM è riapparsa sulla cresta dell'onda (l'anno scorso era dell'IBM circa la metà degli apparecchi venduti negli Stati Uniti).

La Apple è naturalmente tornata alla carica: da poco tempo ha chiamato ai vertici della società John Sculley, che era riuscito a far vincere alla Pepsi Cola la grande battaglia americana con la Coca Cola; il tentativo è chiaro: riuscire a imporre un apparecchio sofisticato come il "personal computer" come fosse un elettrodomestico qualsiasi, o meglio un oggetto di consumo corrente. L'obiettivo è "un personal in ogni casa", come è successo per il telefono, la tv, la lavatrice o il frigorifero.

In Italia, soprattutto, ma anche in Europa e ben presto nella stessa America, la battaglia fra i due giganti dell'informatica è complicata dalla presenza dell'Olivetti, che ha presentato il proprio "personal" soltanto nella primavera di due anni fa, ma che in così poco tempo è riuscita a ritagliarsi una grossa fetta di mercato, con prospettive di ulteriore crescita.

Con l'accordo realizzato in queste settimane con l'americana AT&T, la società di Ivrea si è accaparrata una nuova atout: la collaborazione di un colosso che fra le proprie specializzazioni ha proprio la telefonia, cioè il supporto che domani moltiplicherà le possibilità del computer, trasformandolo in strumento di comunicazione, quindi capace di attingere dati a distanza e di trasmettere ordini.

Alle spalle di Olivetti, IBM e Apple, i nomi delle aziende che si contendono il mercato dei "personal" sono moltissimi, e quasi tutti illustri: Hewlett-Packard, Xerox, Digital, Texas Instruments, Commodore, Epson, Casio... Mentre tra gli apparecchi più piccoli - gli "home computer" e le macchine per giochi, che rappresentano il primo approccio al mondo dell'informatica - il mercato è dominato dalla Commodore, dalla Sinclair, con la Atari, la Mattel, la Philips, la Sharp.

Dove si va per comperare un "personal computer"? La domanda, apparentemente banale, nasconde in realtà uno dei problemi di difficile soluzione che i produttori si sono trovati ad affrontare e risolvere. I negozi di giocattoli vanno bene per i piccolissimi computer, usati prevalentemente per i giochi elettronici; non tutti i magazzini di elettrodomestici posseggono strutture e attrezzature per assicurare l'assistenza e il software (cioè i programmi) ai clienti.

I vantaggi delle aziende che avevano strutture per vendere le proprie macchine per ufficio (come l'Olivetti, con le macchine da scrivere, i calcolatori, i registratori) sono evidenti e sono state determinanti; altre aziende hanno dovuto costruirsi una propria rete di vendita dal nulla. La Apple per esempio ha avuto difficoltà - ora felicemente superate - con il proprio distributore in Italia; la IBM ha dovuto mettere in piedi una nuova catena di punti vendita e assistenza: sono anche nati negozi specializzati.

Le circa 80 marche di "personal" presenti in Italia hanno oggi una rete di circa 1600 rivenditori (secondo le ricerche della Pgp Sistema). Secondo le previsioni più serie, i "personal" entro il 1986 supereranno negli Stati Uniti il valore dei grandi sistemi: nello stesso anno - citiamo uno studio di Espansione - i "personal" avranno in Europa una diffusione addirittura superiore a quella delle macchine per scrivere.

Alla fine degli Anni 80, infine - cioè tra neppure sei anni -, il parco mondiale dei calcolatori sarà di 36 milioni di unità, di cui quasi il 90 per cento saranno "personal": sono le previsioni di Carlo De Benedetti, che aggiunge: «Una stima prudente prevede per l'Anno Duemila un parco installato di 300 milioni di "personal". Dunque, vivremo con il "personal computer". Viviamo già con il "personal computer"».

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