"La Befana a cavallo di un computer" (L'Unità, 24 dicembre 1983)

di Andrea Pachetti


Questa prima incursione del 2020 nella Rassegna Stampa ci trasporta al periodo natalizio del 1983, un momento di grande boom in Italia sia per il mercato delle console sia per quello degli home computer: nel primo caso troviamo la contrapposizione tra l'Atari 2600 e l'Intellivision di Mattel, con l'Atari che aveva creato la propria filiale italiana proprio in quell'anno sottraendo la distribuzione a Melchioni. Nel secondo caso, invece, abbiamo il progressivo affermarsi del Commodore 64 e del Sinclair Spectrum come leader nel settore, in quanto a vendite.

In questo scenario era logico doversi interrogare sulla reale validità di un regalo tecnologico da destinare ai figli, se questo fosse educativo o meno, se potesse far male, se insomma fosse o meno una buona scelta.

L'atmosfera che il giornalista scientifico dell'Unità Romeo Bassoli descrisse era infatti la seguente: «Il regalo del Natale '83 è decisamente lui, il personal computer, o il suo fratello povero (la sua metafora), il video-gioco. Le case produttrici parlano di vendite stratosferiche di "computerini", dischetti, cassette, "cartucce" per giocare e programmare. Si dice che decine di migliaia di personal, di centocinquantamila video-giochi. Vanno a ruba, non si trovano più.»

Mentre in altri contesti si fece solitamente ricorso a psicologi o sociologi, Bassoli chiese l'opinione di uno dei pionieri dell'informatica italiana, Giovan Battista Gerace, professore ordinario a Pisa e progettista della CEP, che abbiamo già citato brevemente in queste pagine come il consulente tecnico di Chip, prima trasmissione della Rai dedicata all'informatica, andata in onda nel 1984.

Ecco quindi le domande che Bassoli pose al Professor Gerace e le risposte di quest'ultimo.

È davvero una buona scelta regalare microelettronica ai ragazzi e ai bambini? O meglio, sono verosimili le risposte-spiegazioni che il genitore si dà al momento di decidere l'acquisto (è una scelta per l'oggi che riguarda il futuro, è un regalo utile, è un bel giocattolo)?

Utile? Be', certo questa è la convinzione del genitore, che in caso contrario non investirebbe centinaia di migliaia di lire in questi oggettini. Ma volendo essere più precisi, occorre scomporre il problema. Mi permetto una divagazine pedagogica: il "mestiere" del bambino e del ragazzino è giocare, ed è ormai dimostrato che chi da piccolo non ha fatto certi giochi si ritrova poi, da grande, qualche difficoltà in più nell'affrontare quelle situazioni, anche di lavoro, che riproducano le logiche di quei giochi "saltati" nell'infanzia.

Ma il computer, allora, quando viene usato per programmare (ché per un bambino, in fondo, è sempre un gioco), può facilitare l'uomo di domani?

Indubbiamente sì, ma facilitarlo nel fare cosa? A ragionare in una certa logica, quella della programmazione indubbiamente. Che è poi una successione di ordini che il ragazzo dà alla macchina, inframmezzati da "inferenze", da deduzioni logiche (se accade questo, allora devi fare quest'altro, ti suggerisce il computer). Insomma, una logica semplificata, ma pur sempre una logica formale, che non ti permette di fare "salti", o perlomeno di trascurarli. Questo, peraltro, si adatta molto bene al modo di ragionare di un ragazzo. Ecco, regalando un personal con cui programmare, il genitore "ricava" questo vantaggio per il figlio. E non è poco, in un Paese dove siamo tutti figli di Benedetto Croce e dove il metodo scientifico è perlomeno trascurato nei processi educativi.

D'accordo, però io ricordo di aver letto il tema di un ragazzo di quattordici anni, liceale, piccolo "mostro" nei video-giochi è soprattutto nella programmazione al computer. Bene, il suo discorso correva con una logica ineccepibile. Peccato che fossero frasi vuote, prive di concetti, di idee. Corriamo allora il pericolo che, abbandonando il ragazzo al computer (come alla TV) si finisca per "istruirlo" ad una sola logica?

Certo, il pericolo esiste ed è quello di dare al ragazzo un unico strumento per ragionare: la logica algoritmica. Questo comporta difficoltà nel sintetizzare le situazioni...

Cioè a capirle.

Sì. Può accadere che un testo composto da un ragazzo che passa il suo tempo davanti al computer, abbia una successione logica perfetta, ma sia privo di significato, una semantica folle. Quello indotto dal computer è un modo di ragionare che abitua ad una grande disciplina mentale, ma se diviene l'unico strumento logico, l'unico modo di ragionare, allora si può trasformare in un mancato sviluppo delle potenzialità di sintesi e della stessa fantasia del ragazzo.

Ecco, abbiamo visto i vantaggi e i pericoli. Ma l'utilità, diciamo così, "pratica"? Insomma, serve davvero giocare al programmatore fin da ragazzini? Oppure è una fatica inutile?

Io ho un ragazzo di 14 anni e una ragazza di 12, e non ho mai pensato di comprare loro un calcolatore. Loro utilizzano i video-giochi degli amici e vedo che si divertono molto, e va bene. Con questo non voglio dire che escludo in futuro di acquistarlo. Probabilmente, anzi,ad un certo momento della loro vita sarà utile far compiere loro una esperienza in questa direzione. Però vorrei chiarire che, secondo me, imparare a programmare in sé è una cosa persino stupida, e non sarà certo questa la chiave del domani. Possono impararlo oggi,  ma anche quando ne avranno effettivamente bisogno.

Troviamo una conclusione a questa chiacchierata...

A me andrebbe bene questa: i bambini di oggi incontreranno prima o poi un computer sulla loro strada, ma non c'è motivo per farsi prendere dalla fretta. E c'è qualche pericolo, oltre a quelli che abbiamo già visto. Perché esistono "cartucce" che istruiscono i ragazzini, ma come? Questo approccio tutto consumistico all'alfabetizzazione informatica può essere deformante. Incominciamo a chiederci perché non c'è una alfabetizzazione diretta dalla scuola pubblica, con criteri pedagogici e scientifici precisi.

E poi, queste migliaia di personal, dischi, "cartucce", provengono tutte dall'estero. E questo è appena una avvisaglia di ciò che accadrà quando il mercato dei videogiochi, dei computer, di altri strumenti dei quali oggi non abbiamo neppure un'idea, rappresenterà una parte notevolissima dell'intera massa dei consumi. Gli altri Paesi si stanno attrezzando per questa sfida, noi rischiamo di rotolare tristemente nel nuovo Terzo Mondo che questo mercato creerà.


Commenti

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    1. Grazie! Sebbene ormai fuori moda, è piacevole leggere qualche feedback nei commenti e non solo nei "social".

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  2. Beh, allora metto un commento anch'io :-).. grazie per questo blog, è assolutamente interessante nel suo rigore e spesso vi ritrovo atmosfere e argomenti ormai sepolti nella memoria.

    Alcuni dibattiti, come l'effettiva utilità di un computer per un ragazzino, o il pericolo insito nella violenza dell'astronave che uccide gli invaders, sono ormai solo teneri ricordi nell'armadio della nostalgia. Gli attuali smartphone in mano ai dodicenni, che tutto sono meno che "smart", rendono le preoccupazioni del giornalista e le risposte dell'esperto (legittime, all'epoca) assai obsolete.

    Nell'inverno del 1982 i miei genitori, sborsando una cifra per loro non indifferente per qualcosa che non comprendevano del tutto ma di cui intuivano le potenzialità, mi comprarono un fantastico Commodore VIC-20. Li sto ringraziando ancor oggi, da cinquantenne non informatico che però a quei "giochi elettronici" deve una parte importante della sua crescita e formazione. Non so se domani mia figlia potrà dire altrettanto del suo cellulare. Mi chiedo infine se sia più "social" lei o suo padre, quando scambiava impressioni, cheat codes e cassette piratate con i suoi nerdissimi compagnucci.

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    1. Grazie a te per questo commento, e benvenuto! Tengo molto alla descrizione delle atmosfere e dei pensieri tipici di quell'epoca, perché penso siano fondamentali per poter ricostruire con efficacia la storia informatica personale del periodo, che altrimenti rimarrebbe relegata per forza di cose a una sequenza di date, modelli e caratteristiche tecniche.

      Mi piacerebbe molto, in futuro, poter creare uno spazio in cui raccogliere i "primi ricordi" informatici e videoludici di chi ha visto nascere il fenomeno durante i primi anni Ottanta, come l'evento personale che tu hai ricordato relativo al VIC-20 e non escludo di farlo già durante questo 2020: di certo un genitore si trovava di fronte a un interrogativo importante, vista la cifra non indifferente in gioco.

      ps. Ma sei l'Orion del forum Denial e che aveva il sito dei Papersoft per Vic?

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    2. Allora ne approfitto per chiederti se è ancora disponibile da qualche parte il Catalogo Softbank che avevi digitalizzato nel 2015 in pdf, segnalato in questo thread su Denial. Grazie!

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    3. L'ho reuppato al vecchio indirizzo:
      https://sites.google.com/site/orionvicsite/files/SoftBank.pdf

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