"Condannato in tribunale il vermetto" (La Stampa, 3 gennaio 1984)

di Andrea Pachetti

La cosiddetta sentenza Bertolino-Sidam rappresenta uno dei momenti storici più importanti per definire le dinamiche giuridiche in fatto di copyright sul videogiochi in Italia: proprio mediante tale sentenza venne riconosciuto al videogioco una prima forma di tutela, poiché accomunato all'opera cinematografica in caso di originalità creativa nelle immagini da esso proposte.

La sentenza, il cui iter viene descritto efficacemente in un articolo dell'Italian Coin-Op Videogame Zone, viene presentata anche in questo articolo tratto dall'Archivio Storico de La Stampa, uscito all'inizio del 1984: viene riassunto l'aspetto di Magic Worm ("vermetto magico"), clone italiano del Centipede di Atari, oltre a presentate nella parte finale delle interessanti dichiarazioni in prima persona del prof. Frignani, che si occupò del caso.

Condannato in tribunale il vermetto copiato dal centipede made in Usa

Davanti ai giudici la controversia tra due ditte per un videogioco

La causa vinta dal colosso americano Atari che ha chiamato in giudizio una piccola azienda torinese - La sentenza: anche un giochino elettronico, se nuovo, deve essere tutelato

Anche i videogiochi possono essere tutelati come opera dell'ingegno con la legge sul diritto d'autore. L'interessante novità è contenuta in una sentenza emessa dal tribunale civile (relatore il giudice Mario Barbuto): per la prima volta in Italia un videogioco viene così considerato alla stregua di un'opera cinematografica anche se realizzata e raccontata in modo nuovo.

La società americana Atari (che ha a Torino la concessionaria esclusiva per l'Italia) chiama in giudizio un'azienda torinese che ha messo in commercio un prodotto quasi integralmente copiato dal suo videogioco "Centipede".

In questo gioco, molto diffuso in Italia, appare sullo schermo un millepiedi che inizia la sua discesa verso il basso del video infilandosi tra file orizzontali e verticali di funghi: il cannone del giocatore può colpire i funghi facendoli scomparire oppure il millepiedi che allora si divide in due parti, con due teste, e continua la sua discesa in direzioni diverse. Il giocatore fa un punteggio più alto quando riesce ad impedire ad ognuno dei nuovi millepiedi di toccare il fondo.

L'azienda torinese aveva messo in commercio, chiamandolo "vermetto magico", un gioco con personaggi in parte diversi (mele anziché funghi, api al posto dei ragni) mentre il verme era simile e la trama di gioco uguale.

I giudici hanno dato ragione all'Atari. Sulla sentenza ha preparato un articolato commento, che verrà pubblicato sulla rivista "Giurisprudenza piemontese", il prof. Aldo Frignani, docente di diritto privato all'Università di Modena e legale della società americana.

Ci dice il prof. Frignani: «Merito dei giudici torinesi è di essersi allineati alla tendenza già affermata nei paesi industrializzati. Negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Giappone e Inghilterra i videogiochi sono protetti con le norme sul diritto d'autore».

Precisa però il legale: «È chiaro che per aver diritto ad una tutela il gioco deve avere caratteri di creatività e novità. In pratica se non invento nulla di nuovo, come nel caso di un videogioco sul calcio o sul tennis di cui si conosce già tutto, non posso pretendere di essere protetto».

Prosegue il docente: «C'è una realtà economica da non sottovalutare. Una società come l'Atari, per creare un videogioco, spende milioni di dollari in ricerche e almeno 6 mesi di tempo per realizzarlo. Non può permettere che un'altra ditta lo copi».

Commenti

  1. Da anni ero convinto di essere stato un bravo giocatore a Centipede, uno dei videogiochi che mi piaceva di più quando frequentavo i bar e la sala giochi a Firenze. Grazie a questo articolo invece scopro di aver giocato sempre a Magic Worm, dato che mi sono ricordato delle mele al posto dei classici funghi.

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  2. «C'è una realtà economica da non sottovalutare. Una società come l'Atari, per creare un videogioco, spende milioni di dollari in ricerche e almeno 6 mesi di tempo per realizzarlo. Non può permettere che un'altra ditta lo copi»

    Parole sante quelle del prof, purtroppo inascoltate: la pirateria, soprattutto nella forma "da edicola", sarebbe andata avanti ancora per molti anni, procurando enormi danni economici alle software house ed ai negozi di videogiochi. Accanto a questa forma di pirateria, mai realmente repressa, esisteva anche un sottobosco di cassette e più tardi dischi piratati che spesso invece contenevano addirittura le versioni originali dei giochi. Privati senza scrupoli le vendevano come titoli singoli o "compilation": quanti scambi quando a scuola arrivava lo scatolone del pirata...

    Inutile aggiungere che spesso, senza manuale e/o mutilati di parti importanti, i giochi scopiazzati risultavano... ben poco giocabili.

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  3. Errata corrige: diritto privati->diritto privato. Sulla pirateria e cloni se ne discuteva in quel post recente di Altribit in cui sei intervenuto anche tu e ripensavo proprio a questa sentenza...

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  4. Affrontare l'argomento pirateria italiana in modo esauriente è sempre complicato, perché bisogna tenere conto di tutte le stratificazioni che rendevano l'Italia un caso particolare rispetto al resto del mondo occidentale: si piratava l'hardware come il software a vari livelli, che andavano dal ragazzino e il piccolo negoziante fino alla pirateria delle edicole e degli "Armati", situazione che finì per creare tutta una filiera industriale "parallela" pronta a causare ingenti danni alle altre aziende e agli importatori.

    Abbiamo cercato di fornire un'introduzione al fenomeno nel saggio "I Nomi Sui Giochi”: Il Ruolo del Cracking nell’Industria Videoludica Italiana (1980-1990), pubblicato quest'anno nel volume "Il videogioco in Italia" di Mimesis, che spero ovviamente venga letto da molti.

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  5. Ciao Andrea, so che di recente ci sono dei problemi con l'archivio storico de La Stampa, ti segnalo questa soluzione: https://xmau.com/wp/notiziole/2020/12/15/le-tante-vite-dellarchivio-storico-della-stampa/

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  6. Ah, non sapevo fosse già stato fatto l'upload su Archive.org, mi sembra una buona notizia, grazie! Io ho già un mio piccolo archivio in pdf degli articoli che ritengo rilevanti, frutto di una ricerca di qualche anno fa, ma avere qualcosa da consultare online è sempre utile.

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