di Andrea Pachetti
Nonostante un titolo che in questi tempi moderni definiremmo senz'altro "clickbait", l'articolo del 1980 che presentiamo e analizziamo oggi è interessante perché da una parte descrive le sensazioni suscitate dall'arrivo dei primi personal computer in Italia, dall'altra offre una testimonianza diretta sulle attività della Homic di Milano, tra le primissime società che si occupavano di vendita al dettaglio di computer per l'utenza privata.
In particolare, è da considerare importante l'intervento di Hasmonai Hazan, purtroppo recentemente scomparso: su queste pagine avevamo già archiviato le sue dichiarazioni nell'articolo di Scienza & Vita del 1979 ed è una nuova occasione per ricordare uno dei pionieri dell'informatica personale in Italia. L'intervista più approfondita ad Hazan era stata realizzata da Marco Marinacci per la rivista MC Microcomputer nel 1982: senz'altro una lettura raccomandabile per chiunque volesse avere altre notizie sulla Homic.
Da queste parti siamo sempre molto attenti ai riferimenti monetari, dunque per dare anche in questo un paragone moderno al milione di lire che viene citato più volte durante l'articolo, diciamo che spendere quella cifra nel 1980 corrisponderebbe ad acquistare nel 2020 un computer per circa 2.400 Euro. Ognuno può dunque trarre le proprie conclusioni sull'entità dell'investimento.
In calce alla trascrizione completa dell'articolo presentiamo anche una delle prime pubblicità della Homic del 1979, in cui vengono presentati alcuni dei primi personal computer da loro importati in Italia: il Commodore PET e il Tandy Radio Shack (!) TRS-80.
Mia moglie è gelosa del computer
L'elaboratore personale sta diventando un nuovo protagonista in Usa
Risolve mille problemi ed è anche un temibile avversario a scacchi - Molto popolare in America sta diffondendosi anche in Italia - Gli adulti ci giocano e c'è anche chi è talmente preso da dimenticare la famiglia
"540 IF S = 2 THEN 570 - 570 GOSUB 810": no, non è un nuovo misterioso linguaggio di popolazioni extraterrestri, ma il sistema "Basic" per comunicare con il "personal computer", la diabolica macchina pensante che, tra qualche anno, diventerà diffusissima in Italia come lo sono ora le piccole calcolatrici elettroniche. Negli Stati Uniti questi "personal computers" sono diffusissimi. Si comprano addirittura al supermercato e permettono infinite applicazioni.
Servono all'ingegnere per calcolare le strutture di cemento armato, all'amministratore di condomini per semplificare tutta la corrispondenza; servono al commerciante per avere sotto stretto controllo la sua contabilità e il suo magazzino, e addirittura al dentista per avere aggiornate le schede dei suoi clienti. Ma sono acquistati anche da privati che, con il "personal computer", "giocano".
«È un gioco per modo di dire», precisa Ernesto Franchini della "Homic" di Milano, uno dei primi tecnici che in Italia ha intuito l'importanza di questi calcolatori, «si tratta piuttosto di una sfida tra l'intelligenza dell'uomo e la macchina. Una sfida stimolante, una specie di "malattia" che ti fa rimanere ore ed ore incollato davanti allo schermo del tuo computer a colloquiare con lui, a impartirgli istruzioni sempre più sofisticate».
Hasmonai Hazan, di Milano, un esperto del settore, parla addirittura di rivoluzione culturale che questi "personal computers" attueranno di qui a qualche anno: i ragazzi di oggi tra meno di un decennio non potranno fare a meno di queste macchine. Impareranno a ragionare dando per scontata tutta la mole immensa di lavoro che il computer da solo compie.
Ma che cos'è questo "personal computer"? A vederlo sembra una macchina per scrivere, un po' più complessa con uno schermo televisivo. Il cervello è costituito da decine e decine di circuiti integrati. Un buon apparecchio costa attorno al milione di lire. Il suo prezzo però dipende soprattutto dalla capacità di calcolo e di memorizzazione. È chiaro che più uno diverta esperto in questo campo e più ha bisogno di computers sofisticati e costosi.
Ma che cosa fare con il "personal computer"? «Tutto», risponde un po' troppo entusiasticamente Hazan, «si può gestire il bilancio familiare, controllare il conto in banca e verificare che gli estratti conto sono esatti. Il computer ti può insegnare la trigonometria o l'aritmetica, ti può insegnare l'inglese con le sue regole e con i suoi verbi irregolari, ti può controllare tutti gli elettrodomestici che hai in casa, dal forno alla lavatrice. Ti può abbassare od alzare le tapparelle ad una determinata ora, oppure, quando esci, puoi programmarlo come antifurto: se vuoi far credere che ci sia qualcuno in casa puoi fare in modo che la luce nelle stanze si accenda o si spenga secondo un programma che tu stesso hai stabilito. Il computer può stimolare ciò che realmente avviene in una azienda commerciale e permette all'allievo di imparare a prendere le giuste decisioni. Gli americani in queste cose sono dei maghi».
«Al di là del fatto che io vendo computers», dice Hasmonai Hazan, «trovo che sia stato estremamente intelligente quel signore che si è presentato da me con un assegno da un milione per avere un computer da regalare al figlio che fa la terza media. Per quel ragazzo, tra qualche anno, tutto sarà più facile. Diventerà, se lo vuole, un tecnico ricercatissimo e superpagato. Lo aspetta una carriera interessante e stimolante».
In Italia sempre più persone sono affascinate dal mondo dei piccoli calcolatori. Non per niente sono già sorte alcune riviste specializzate che propongono programmi divertenti e utili. Dice ridendo un signore di 35 anni, sposato, due figli, laureato in chimica: «Io mi sono comprato un "personal computer" tre mesi fa. Sono un principiante. Con lui soprattutto gioco. Gioco a scacchi, gioco a bridge, mi diverto con il programmi spaziali, comando la mia astronave che si muove nel cosmo e che è sempre in guerra con qualche altra entità. Un gioco del quale difficilmente ci si stupisce, tante e tali sono le combinazioni. Adesso ho dovuto rallentare il mio "rapporto" con il computer, mia moglie era diventata gelosissima. Arrivava a personificarlo. Se adesso passo una serata a proiettare diapositive o a stampare foto non dice niente, ma se mi metto davanti al computer mette su il muso. Forse ha ragione. Il fatto che lui mi risponda, che mi dica che sto sbagliando o meno, il fatto che lui stesso mi dica che cosa debbo fare, mi spinge involontariamente a considerarlo un essere pensante e intelligente almeno quanto me se non di più».
Tandy Radio SCHACK.. Temo che il correttore automatico abbia riportato nel tuo articolo la dicitura corretta, mentre nella pubblicità in realtà è uno strafalcione!
RispondiEliminaSì, è il motivo per cui ho inserito anche un punto esclamativo, per segnalare la grafia corretta del nome.
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